Hai detto “cuoco”?

Bloccati a casa da influenze, virus e acciacchi vari, l’unico modo per far passare il tempo è stato ammazzarsi di zapping, e dopo giorni passati a saltellare da un canale all’altro, lo devo proprio dire:
I PROGRAMMI DI CUCINA HANNO ROTTO!
Non se ne può più, la parola più inflazionata nei palinsesti televisivi è “cuoco”.
La prova del cuoco, Cuochi e fiamme, In cucina con…, Max cucina l’Italia, Accademia Montarsino, Le conserve di Camilla, La terra dei cuochi, Masterchef, Chef per un giorno, Fuori menù, I menù di Benedetta, Cucine da incubo, Il piatto preferito di…, Il club delle cuoche, interi canali dedicati all’argomento cibo e cucina…basta, davvero.
Io a furia di sentire parole come “dadolata” “spadellata” e poi lasciate soffriggere, fate evaporare, create un’emulsione, e via di seguito, mi rendo conto che sto maturando un vero e proprio senso di ostilità, e il taglio brunoise, e quello a julienne…. Suvvia si tratta sempre e comunque di verdure tagliate a pezzi…
E mi raccomando: che non manchi mai la nota acida, il croccante (i più fighi diranno “il cruch”), il caldo, il freddo e una bella grattata di zeste di limone (già nota come scorzetta, ma mi rendo conto che scorzetta non è abbastanza cool…)per la freschezza, ovviamente.
Ovunque ti giri c’è un esperto di cucina…pardon “food blogger” che mette insieme piatti che poi ti voglio vedere a buttarli giù, dalla finestra forse…ingredienti che non ci azzeccano niente l’uno con l’altro.
Poche sere fa hanno chiesto a una food blogger come cucinasse le mormore. Risposta: a, sì dunque…faccio prima un fondo di mele tagliate a pezzi, metto un po’ di miele per far caramellare il tutto, poi una leggera panatura di mandorle e pistacchi e come accompagnamento una salsa di yogurt profumata al curry. Scusa tesoro sei ancora single, vero? Immaginavo….Ma te la mangerai te ‘sta schifezza, cosa ti ha fatto di male quella povera mormora da darle una così indegna sepoltura?
Io non capisco questa malsana necessità di creare accostamenti impossibili, va bene sperimentare, va bene ampliare le proprie frontiere del gusto, va bene tutto, ma a tutto appunto, c’è un limite, e ve lo dice una che non si tira indietro, a Hong Kong abbiamo provato pure la cucina cinese molecolare estrema di Alvin Lung, particolarissima, ma con un senso.
Essere “food blogger” non è un salvacondotto per propinare porcherie, perché, come ha detto la signorina di cui sopra ” a noi food blogger piacciono questi accostamenti nuovi con presentazioni design”: ma scendi dall’albero che fino a ieri non sapevi cuocere un uovo…
E la memoria corre a una cena favolosa presso il ristorante di uno dei veri maestri della cucina italiana: l’Albereta di Gualtiero Marchesi. Materie prime esaltate all’ennesima potenza grazie ad accostamenti perfetti, consistenze voluttuose, presentazioni stupefacenti, nessuna traccia di banalità e di bizzarrie gastronomiche. Ad ogni boccone percepivi la cultura che sta dietro alla costruzione di un piatto, alla conoscenza degli ingredienti di cui si compone, infatti spesso è lavoro di mesi, altro che “dieci minuti e via”.
Celebre la frase dello stesso Marchesi “così come per suonare Chopin devi conoscere bene la musica, allo stesso modo per cucinare bene un pesce devi conoscere bene le qualità della sua carne” e a riguardo del fenomeno crescente dei food-blogger dice “…Può essere interessante se ci sono dei maestri, se c’è qualcuno che insegna qualcosa, se no fare per fare non serve a niente”.
E spegnete la televisione.