Spalle al muro

Si può sempre scegliere.

Prima che la rabbia esploda, si può scegliere di non assecondarla.

Prima che le parole dette feriscano come spade, si può scegliere di tenere la bocca chiusa.

Prima che la situazione precipiti, si può scegliere di fermarsi e aspettare che la tempesta si plachi.

Prima che la reazione a catena diventi inarrestabile, si può scegliere di non schiacciare il pulsante che la innescherà.

Prima di imboccare una strada a caso, davanti ad un bivio, si può scegliere di aspettare che la nebbia si dissolva, in modo da poter vedere un po’ più lontano, e così potrai decidere che direzione prendere.

Si può scegliere di stare fermi, questa è la scelta più coraggiosa e difficile. Saper aspettare presuppone un grado di fiducia nel tempo e negli altri tale che non tutti riescono a sostenerne il peso. Spesso si cade nella propria debolezza.

Saper aspettare, saper scegliere…

C’è sempre un prima, e c’è sempre un dopo. Ma mentre finché si vive nel “prima” tutto è possibile, modificabile e risolvibile, quando si entra nel “dopo” è tutto più difficile: dopo si è reduci di guerra, feriti e confusi. Da dove si ricomincia? Come si ricomincia? Perché si ricomincia? Nessuno lo sa, non ci sono risposte certe, ma anche in questo caso si sceglie di farlo, per spirito di sopravvivenza, o per ostinazione, o perché una voce laggiù, in fondo all’anima offesa, ci dice che è la cosa giusta da fare.

E allora scegli, ti rimbocchi le maniche e vai avanti, anche se arrendersi sarebbe mille volte più facile. Ma anche qui si tratta di scegliere: scegliere di non arrendersi. Chiami a te tutte le forze che ti sono rimaste, alzi lo sguardo, prendi fiato, e ti rialzi.

Si può sempre scegliere e spesso, la scelta giusta, è la più scomoda e difficile da prendere, perché laddove l’orgoglio sbraita, la ragione impone saggia il suo silenzio.

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No!No, e poi ancora no.

Ce lo hanno inculcato nella testa sin da piccole, prima ancora di imparare come si dice “Sì”, ci hanno insegnato che è  brutto dire di “No”, che le brave bambine sono servizievoli, gentili e sempre disponibili a dare una mano. Se dicevi un “No” per ribadire che non avevi nessuna voglia di fare una determianta cosa, come minimo ti beccavi un rimprovero “non ti rivolgi cosi a tua madre”, transitando per castighi più o meno severi, fino ad arrivare al massimo della pena: il temutissimo manrovescio con la mano sinistra, armata di fede e anello di fidanzamento che, ai tempi in cui tuo padre lo regalò a tua madre, con uno stipendio eri ancora mezzo ricco, e allora li regalavano belli grossi: praticamente un tirapugni legalizzato e scintillante.

“Tu di no a me, a TUA MADRE non lo dici”, chissà perchè poi le madri quando sono incazzate parlano in terza persona, e poi “sbammm” partiva il manrovescio assassino, con sfregio da diamante taglio brillante, carati 0.50, colore White VVSI, sulla guancia sinistra. A seguire pianto a dirotto dell’infante e senso di colpa misto terrore di aver sfregiato per sempre l’erede, della madre. Tutto finisce a tarallucci e vino, o meglio, vista la tenera età di uno dei protagonisti, a latte e biscotti. Tranne che a casa mia, dove io caparbia come un mulo, anche se avevo forse cinque anni, guardavo mia madre e, con aria di sfida, così la apostrofavo “non mi hai fatto niente”, detto fatto, in tempo zero secondi arrivava anche il dritto accompagnato dalla minaccia “come ti ho fatto io ti disfo, ne vuoi un altro?”. Devo dare atto a mia madre che in quanto a metodi educativi, non si faceva intimorire da nessuno, i miei capricci che con tutto il mondo hanno sempre funzionato – ero piuttosto brava a improvvisare scene madri di un certo livello artistico, alcune decisamente drammatiche – con mia madre non hanno mai sortito alcun effetto. Quindi con entrambe le guance timbrate dalle affusolate dita di mia madre, mi ritiravo nella mia stanza, rea di aver osato pronunciare la fatidica parola “No”. Il senso di colpa germina qui.

Man mano che cresci e affini  carattere e personalità, i nemici dei tuoi sacrosanti no, affileranno le loro armi, farcendo le loro richieste di complimenti, leccate di culo, fino i più biechi ricatti morali “…se tu mi volessi bene lo faresti”, “se tu ci tenessi a me non ti faresti pregare”, “amore, ma lo fai per me, per tua madre/padre/fratello/fidanzato/amante/marito”. Bisognerebbe essere proprio una brutta persona per non ascoltare una così gentile preghiera, e allora anche se stavi facendo per te la cosa più importante del mondo, anche se piuttosto che fare ciò che ti è stato richiesto preferiresti sfidare Pupo a un giro di roulette russa, puntandoti una rivoltella alla coscia, mestamente cedi e acconsenti. Ingoi il tuo no e fai quanto ti è stato richiesto ma sei scoglionata come un orso bruno svegliato in anticipo dal letargo, fai ciò che devi controvoglia, la cosa ti viene fatta notare e, come l’orso bruno reagisci pure, cominciando a lanciare strali e invettive. Scatenare il litigio del secolo, alle volte, è veramente un attimo.

No, no e poi ancora no. Io ci ho impiegato un discreto numero di sedute dallo psicoterapeuta, ma alla fine ci sono riuscita – ok: quasi riuscita – e quando dico un no, i miei sensi di colpa sembrano non sentirlo, perché non registro nessuna reazione. E quelle volte in cui invece si svegliano e cominciano a corrergli dietro, il mio no riesce a correre più veloce. Ma che fatica, Dio santissimo. Ma è possibile vivere così? Cosa c’è di sbagliato nel diritto di dire di no? E’ un mistero, e vi dirò di più: è un mistero tutto al femminile. Già perché non vedrete mai nessun uomo trafiggersi con le mille spade del senso di colpa; il loro equilibrio – perfetto, tra l’altro – si basa su un sistema elementare di domanda-risposta.

“Amore mio., visto che poi scendi in centro per andare in palestra, passeresti a ritirare  gli abiti pronti in tintoria?”

“No” risponderanno i più sintetici

“No, non ne ho voglia”  diranno i più generosi nel dare spiegazioni

e tu rimani lì, indecisa se arrabbiarti furiosamente o se prendere la macchina e andare tu in lavanderia, e mentre decidi il da farsi, ti metti le scarpe e cerchi le chiavi.

Fine della storia.

E vorresti arrabbiarti e infuriarti e rinfacciargli tutto quello che ti viene in mente, ma non ci riesci, perché alla fine, lui non ti ha fatto nessun torto, ha solo risposto alla domanda che tu gli hai fatto, con la risposta che per lui era la più giusta. Non ha sbagliato niente, che ci piaccia o no. Quelle di noi un po’ più ardimentose che chiederanno spiegazioni in merito, riceveranno la più disarmante delle risposte:

“ma tu non mi hai detto che era urgente, altrimenti ovvio che lo avrei fatto”

e tu resti un’altra volta con il cerino in mano. Anche stavolta ha ragione lui, e stai attenta che ti bruci pure le dita con il cerino.

Ma perchè per noi donne è così difficile imparare a dire di no? Anche quando abbiamo giornate debordanti, fitte di impegni e cose da sbrigare, se qualcuno ci chiede qualcosa, a costo di stramazzare al suolo, di no cerchiamo di non dirlo, anche se ci trilla l’occhio dallo stress. E poi, oltre al danno, intaschiamo pure la beffa, perché quando arriveremo a fine giornata, stanche, sfatte e sull’orlo della crisi di pianto, lui ci guarderà intenerito e:

“ma se ti veniva fuori un casino, bastava dire di no”

e rieccoci un’altra volta con il cerino in mano, le dita bruciacchiate, sopraffatte e sconfitte fa noi stesse. Ve lo dico io quale è la soluzione: addestrarle sin da piccole a disinnescare la bomba del senso di colpa, perché gliene lanceranno tante fra i piedi quando saranno grandi.

Si può dire di no e il mondo non implode su se stesso. Si può non aver voglia di fare una determinata cosa, si può non avere il tempo di farla, si può essere impegnati a fare altro, si può scegliere dei essere pigri ogni tanto, perché se dire di sì è un gesto di gentilezza, dire di no non vuol dire per forza essere maleducati.

E poi per un no ricevuto non è mai morto nessuno, quindi stiamo serene e facciamoci coraggio che siamo ancora in tempo per imparare a vivere come sarebbe giusto vivere: bene.

A’ la guerre comme à a la guerre (tutto al femminile però)

E voi vi siete mai chiesti se un giorno tutti, ma proprio tutti, ci svegliassimo e fossimo le persone più sincere della Terra? Cosa accadrebbe se trovassimo il coraggio e la spontaneità di dire a tutti i nostri conoscenti quello che realmente pensiamo di loro e quello che sappiamo che altri pensano sempre di loro? Se tutti gli omissis, i non detti, i sottintesi, venissero magicamente a galla? Si salvi chi può…

Perché mi è venuto questo pensiero bislacco? Semplicemente perché stamattina, in piscina, mentre mi cambiavo per tornarmene a casa, ho assistito al più feroce degli attacchi verbali, un bel due contro una, senza risparmiare nemmeno un affondo; peccato solo che la “una”, ossia la destinataria di tutto quel livore, non c’era.

Era una sfuriata di questo tipo.

“Ma io la prossima volta glielo dico e la sistemo”

L’amica solidale “e allora io le dico anche che….”

“ahh, sì sì, quando la becco, allora io le dico questo, quello e quest’altro….”

L’amica sempre più solidale “perché poi lo deve capire che deve piantarla”

Fino ad arrivare alla lapidaria conclusione “quando non c’è si sta meglio”

Il chi, il cosa e il quando e soprattutto il perché, non ci è stato concesso saperlo, e soprattutto la destinataria delle invettive non lo saprà mai perché, le due pasionarie che si sono incendiate come la santa Barbara di una base militare appena bombardata, si guarderanno bene dal metterla al corrente circa l’ira funesta che il suo comportamento ha il potere di scatenare in loro.

Misteri dell’universo femminile. Potremmo chiamarle “le battaglie sottintese”, situazioni in cui io so benissimo il motivo per cui ce l’ho con te ma mi guardo bene dal mettertene al corrente,  altrimenti finisce la guerriglia e ci toccherebbe comportarci da adulte affrontando e risolvendo la cosa. Impossibile. In questo modo salterebbe tutta la rete fittissima e indistricabile di alleanze, comunelle, campanilismi, schieramenti occulti, un disastro incalcolabile, roba da far esplodere tutta la rete telefonica e il traffico dati dell’intero pianeta. Meglio di no.

Prima chiediamo l’amicizia, poi la togliamo, e poi la richiediamo e poi siamo come sorelle, poi ci confidiamo anche quante volte respiriamo, poi il meccanismo dell’amore si inceppa e, da “migliore delle migliori delle più magiche delle ma come ho fatto prima senza di te di tutte le amiche che potevo desiderare la mia preferita sei tu” si passa a essere di colpo “public enemy number one”. E nel dubbio, come prima controffensiva, ti blocco il contatto su Facebook. Non ti sfiora nemmeno il sospetto che ti stai comportando da matta bipolare, nemmeno quando racconti a  tuo marito, con una snervante dovizia di particolari, incisi, apri parentesi che poi regolarmente non chiudi, facendo divagazioni funamboliche che a lui esce il sangue dal naso dallo sforzo che fa a seguire il tuo farneticante racconto, e quando arrivi in fondo, con la gola secca e gli occhi fuori dalle orbite, pronta a incassare il tuo legittimo “hai ragione tesoro, la dobbiamo uccidere”, lui ti guarda incredulo e ti dice candidamente “e quindi? dove è il problema? vai a prendere un caffè con lei e chiaritevi”….

E che cavolo: noooo!! E’ evidente che tuo marito è un tanto pessimo quanto inutile alleato in questa lotta fratricida, gli metti il telecomando in una mano e una birra nell’altra e lo lasci lì, lui e i suoi metodi saggi. E’ arrivato il Mahatma Gandhi de noartri, ora è il momento di combattere, non di ragionare e risolvere. Chiami, anzi no, scrivi un messaggio nel gruppo whatsapp delle amiche carbonare, che è un po’ come lanciare una molotov durante una manifestazione pacifica e tranquilla: è subito guerriglia urbana. Ora sì che c’è soddisfazione. Improvvisamente parte una pioggia di aneddoti, manco a dirlo, tutti pessimi e negativi, che hanno come protagonista la super cattiva da combattere.

“eh, ma io lo dicevo che non c’era da fidasi”

“ma vi ho mai raccontato di quella volta in cui…”

“e sì..e già…e quella volta che ha detto, e quella volta che ha pensato, per non parlare di quella volta che ha respirato…”

E alla fine arriva l’insindacabile sentenza: “una stronza con la patente”. Salvo poi farle dei grandi, grandissimi sorrisi quando la stronza con la patente, ignara di tutto il livore della circonda, e soprattutto ignara del perché di tanto odio, si comporta con tutta la setta come se niente fosse. Come ci si comporterebbe fra sani di mente insomma. Ma la parte divertente arriva quando la stronza con la patente, (che chiameremo d’ora in poi SCP per comodità d’uso – n.d.r), subodorando le sordide trame ordite alle sue spalle, chiederà se c’è qualcosa che non va…. Ovviamente va tutto bene, un coro unisono che nemmeno la cara Mariele Ventre è mai riuscita a farlo intonare allo Zecchino d’oro di tutti i tempi “ma, nooo, ma cosa dici, va tutto benissimo tesoro”.

Nel frattempo, nel gruppo whatsapp carbonaro…

“Però sia chiaro, io sono stata zitta, però ce l’avevo sulla punta della lingua quello che penso di lei”

“Guarda, io mio sono masticata la lingua mille volte”

“Ma tanto io prima o poi glielo dico in faccia”

“Ma chi si crede di essere, viene a chiedere se c’è qualcosa che non va….che coraggio”

“E’ proprio senza vergogna”

“Certo che se gliele dobbiamo anche spiegare le cose che fa”

“E’ una stronza falsa”

“Ma sì, lei non è come noi che le cose ce le diciamo in faccia senza paura”

“Noi siamo oneste e sincere, Noi”

“Il punto è che a me quando una persona mi delude, non ho il coraggio di dirglielo in faccia da quanto è grande il dispiacere, e lei, mi ha proprio deluso. Però alla prima occasione la metto alle strette e vedrà contro chi si è messa”

…seeeee lallero…

 

 

…e poi l’uomo inventò la bici elettrica.

Lo senti dietro di te, alle tue spalle, il sibilo della morte? E’ come un fischio ma più silenzioso, è un “ppppfffffffff” che arriva veloce e da lontano, devi essere scaltro a spostarti perché, se ti travolge, per te è finita.

Per fortuna riesci a scansarti, la morte per oggi non ti avrà: ti è solo passata di fianco e ti ha pure superato, ora la puoi vedere nitidamente dritta in faccia: ha le sembianze di una tranquilla signora di mezza età, con la piega fatta di fresco, ben vestita e dall’aspetto molto curato; si direbbe completamente innocua, se non fosse per quel dettaglio inquietante: è seduta su una bici elettrica. Anzi no, non è seduta, è appollaiata proprio sul sellino di una fiammante bici elettrica, con il busto leggermente inclinato indietro, rigida e insicura, ignara di quello che sta facendo, di dove sta andando e di come lo raggiungerà. Lei va, convinta di essere Laura Ingalls nel telefilm “La casa nella prateria”, quando Laura con il suo bel calessino trainato da un mite cavallo andava a zonzo per sconfinate praterie deserte, ma tu balorda di una svaporata sei su un lungo fiume largo neanche due metri e se non impari a usare i freni e il buonsenso ci ammazzi tutti. Continua a leggere “…e poi l’uomo inventò la bici elettrica.”

Avere vent’anni: istruzioni per l’uso.

È da qualche giorno che gira su Facebook un link: “i consigli dei trentenni ai ventenni”, l’ho letto un paio di volte con attenzione e ho deciso di rilanciare, di dare ai ventenni di oggi, ma soprattutto alle ventenni, qualche dritta su come passare indenni o perlomeno, limitando i danni, questo decennio.
I trentenni consigliano nell’ordine di: a) darla, b)tenere sempre a disposizione dei preservativi, c)comprare dei preservativi, 4)usare dei preservativi. Un vero chiodo fisso, verrebbe da dire….oppure il padre dell’autore del post è proprietario di una farmacia. Ma non perdiamoci in chiacchiere e arriviamo al nocciolo della questione.
Parliamo un po’ di questo: darla. Dall’alto dei miei 40 mi permetto di ricordarvi che solo una ne avete e dovete farvela durare. Pure di reputazione ne avete solo una, e siccome non siamo più negli anni 70, anni in cui il sesso libero era un modo di rivendicare il diritto alla propria libertà individuale, non verrete ricordate come “quella ragazza così ribelle che attraverso il proprio corpo manifestava il suo libero pensiero”, macché, verrete ricordate semplicemente come quella che ai tempi dell’università se la sono fatta tutti perché non diceva di no a nessuno e “se vuoi fare un centro sicuro provaci con lei”. Ho un fratello maschio e di questi discorsi ne ho sentiti a centinaia, diciamo che parlo con assoluta certezza di causa.
Una dispensa piena di preservativi pronti all’uso. Parliamone un secondo. Fare sesso è bello e divertente e piace più o meno a tutti, ma se rimorchiate qualcuno, è proprio indispensabile darci dentro la sera stessa come due assatanati? e il giorno dopo che fate? e quello dopo ancora? non sapete niente l’uno dell’altro e già siete vittime della noia più assoluta. Ragazze fatevi un pochino desiderare, senza essere della principesse sul pisello,il che volendo è attinente all’argomento trattato, anche perché non vi state perdendo la trombata della vita gioie mie; lo farete più o meno nello stesso modo per il resto della vita. E quindi non scappa niente. Se a scappare è lui, l’altra metà di cielo, non disperatevi, avete vinto alla lotteria: era uno che da voi voleva una cosa sola…si brucerà qualche diottria in solitudine con buona pace dei suoi sensi, e voi siete salve.
comprate dei preservativi. Ma comprali tu, carino. Vuoi fare un giro al Luna Park? e allora compra almeno i biglietti. E ho detto tutto. In caso fosse sprovvisto vi rimando al punto 2.
Usate i preservativi. Ve lo hanno già detto che i bimbi non li portano le cicogne e che tantomeno nascono sotto ai cavoli, e che baciandosi non si resta incinte (Cioè, rivista adolescenziale dei miei tempi, rubrica “posta del cuore”), vero? Bhè ci sono altre cose che possono arrivare a sorpresa: le malattie a trasmissione sessuale. Quindi proteggetevi, se siete sprovvisti di condom rifiutate e siate irremovibili. Anche se a ventanni vi sentite invincibili, di vita ne avete una sola.
Prendi una donna e trattala male NON è un comandamento. Era solo il testo di una canzone degli anni 80 passata alla storia che si intitolava “Teorema”. Quindi se uno vi fa soffrire, aria, sciò sciò, via il più lontano possibile da voi, dalla vostra vita e dai vostri pensieri. Imparate a memoria quest’altra frase tratta dal testo di una canzone anni 80, molto più bella, tra l’altro: “Gli uomini non cambiano”, se uno è stronzo a vent’anni lo sarà con ogni probabilità anche a trenta e a quaranta. Lasciatelo perdere, con il senno del poi, capirete che non vi siete perse niente.
Rendetevi indipendenti, sotto tutti i punti di vista, i soldi non crescono spontaneamente nelle tasche dei vostri genitori e, a meno che non abbiate la fortuna spacciata di avere un seguito di servitù vita natural durante (cosa che vi auguro di cuore), dovrete sfamarvi e garantire un minimo di igiene a voi e alla vostra casa. Imparate quante più cose possibili dalle vostre mamme, vi tornerà utile più di quanto immaginate.
Investite su di voi. Viaggiate, studiate, leggete, imparate bene una lingua, formatevi un’idea vostra, un punto di vista che non deve essere per forza quello giusto, ma è il vostro e quindi va più che bene è non vale meno di quello degli altri.
Per fidanzarvi, accasarvi, mettervi una palla al piede avete tanto di quel tempo che non lo immaginate nemmeno. Godetevi il vostro tempo e usatelo: per voi.
Prendetevi cura del vostro corpo, della vostra pelle, dei vostri capelli ma non diventate schiave di trucchi e belletti. Avete dalla vostra parte la bellezza dell’età e se vi vedete un po’ bruttine, non preoccupatevi: ho visto brutti anatroccoli diventare maestosi cigni.
Il turpiloquio e, ancora peggio, le bestemmie sono fastidiose e imperdonabili già sulla bocca dei ragazzi. Sulla bocca di una ragazza sono avvilenti e squallide; voi pensate di essere fichissime a parlare come uno scaricatore di porto, ma se guardate un pochino intorno a voi: noterete solo sguardi di totale disappunto, siete delle sfigate fatte e finite. Complimenti, bel risultato.
Fidatevi di me: meglio avere molti amici e qualche corteggiatore, piuttosto che il contrario, meglio ancora non pensare di avere dei corteggiatori: vi renderà simpatiche e spontanee e tutti vorranno godere della vostra compagnia. Tanto credete a me, ci sono pochissime probabilità che il fidanzatino dei vent’anni diventi il vostro compagno di vita, mentre gli amici, beh, quelli si che cresceranno con voi. Quindi coltivate le vostre amicizie. Per l’amore c’è tempo.
Se siete proprio zuccone e avete ignorato il mio consiglio n. 11 sappiate che arriveranno presto le pene d’amore. Sì, lo so, son dolori, ma fidatevi di chi c’è passata: fa un male cane ma si sopravvive; a giro ci siamo passate tutte, fiumi di lacrime, intenti suicidi e pagine su pagine di diari. Poi come per magia il cuore ricomincerà a pulsare e la vita tornerà a sorridervi. Siccome avete scoperto sulla vostra pelle che fa un male cane, non fate le stronze con i cuori altrui. Mi raccomando.
Ricordatevi che siete uniche e se qualcuno vuole farvi dubitare mandatelo a quel paese.
Il consiglio n.13 è il più prezioso e utile. Fatene tesoro anche perché è valido a 20, a 30, a 40 e oltre.
Un abbraccio a tutte, Magda.

Magda e la bilancia: “perché ti hanno inventato?”

Tema pesante oggi…
Senza tanti giri di parole: sono ingrassata. Ebbene sì.
Negli ultimi tre anni ho preso qualcosa come una dozzina di chili, e da scheletrica taglia 40, mi sono ritrovata a essere una bella taglia 44.
Potrei chiudere qui il post emulando Raz Degan: “sono fatti miei” e invece no, voglio andare un po’ a fondo della questione perché, quando parlando o sparlando di una persona, fa più notizia la taglia che porta rispetto a quello che dice e fa, beh cari miei, siamo indietro come le palle dei tori.
Ma andiamo con ordine.
Il 2009 è stato il mio annus horribilis, sintetizzando:
Marzo Aprile: primi accordi di separazione
Maggio: mia mamma scopre di avere un tumore (tranquilli tutto passato)
Giugno: avvocati e accordi finali
Luglio: separazione legale
Settembre: muore mio padre
Ottobre: mi rompo una caviglia, 30 giorni di gesso
Penso sia dunque umano e comprensibile se dopo tutte queste disavventure una persona ne esca fuori un pochino provata, io di mio ho perso per strada una decina di chili, molte notti insonni e qualche tonnellata di mozziconi di sigarette. È stata la mia catarsi.
Poi per fortuna il vento è girato, e a cambiare direzione non è stato solo l’ago della mia bussola, che con gioia suprema ha puntato verso mari più sereni, ma anche quello della bilancia, che man mano che il mio umore si elevava fino a raggiungere la felicità con la F maiuscola, lui saliva…saliva…saliva…
Siccome sono una che non si racconta favole, lo ammetto: sono pigra come un divano, sicuramente se facessi un po’ di sport metterei a tacere le malelingue e pure la salute ne gioverebbe e, il solo zittire le pettegole mi arrecherebbe un piacere tale che la salute ne gioverebbe così in maniera doppia.
Ma tant’è, è più forte di me e sono bravissima ad accampare scuse di ogni tipo pur di non indossare le mie scarpette da corsa – ho dei completi da jogging bellissimi, tutti coordinati e cattivissimi, da vera atleta, ma a me basta sapere che ce li ho per sentirmi tale, non mi serve indossarli… C’è sempre qualcosa di più urgente da fare, sono una donna che lavora io, e il mio tempo è prezioso, tutto diviso fra casa e negozio, come dite? Non sono credibile, eh? Uffa…
E poi sono anche un’incostante, in un primo momento caricata e motivata da nuovi entusiasmi, parto che sembra che devo allenarmi per poter partecipare alla maratona di New York, poi come una supernova piano piano implodo fino a spegnermi in un poco elegante (e tonico) buco nero.
Ho provato anche con l’allenamento domestico comprandomi un set completo di cavigliere di sabbia e il “magic ring”, un attrezzo per il Pilates che se usato come si deve, fa miracoli. Sono partita con una doppia sessione giornaliera, dopo pranzo e dopo cena, mezz’ora di mat work da morire (gli esercizi li so fare sul serio, dovete credermi), motivata dal fatto che dovevo essere in formissima per il matrimonio. Bene, obiettivo raggiunto, brava che sono. Peccato che ora i miei attrezzi giacciono sotto al letto coperti da una coltre di spessa polvere, e non posso spostarli perché potrei uccidere Luca scaricandogli addosso miliardi miliardi e miliardi di acari della polvere. Proprio non posso…vorrei, ma per amore mi sacrifico (ve lo avevo detto che sono brava ad accampare scuse).
Che poi a essere onesti qualche lato positivo ad essere un po’ più in carne c’è, ad esempio, io ho scoperto di avere le guance e che mi stanno pure bene, inoltre qualche molecola di ciccia intelligente è andata a piazzarsi laddove c’era un po’ di miseria, risultato: una taglia in più di reggiseno e zero rughe, tutte stirate e riempite da botox “home made”.
Se poi ci aggiungete pure che qualche amico buongustaio mi dice “ora sì che è bello abbracciarti, non si sbatte più contro a tutte quelle ossa”, e che mio marito mi dice che sono bella così “anche se quando ti ho conosciuto eri un levriero e ora mi sembra di avere un San Bernardo in giro per casa” – l’amore si esprime per vie incomprensibili, alle volte.
Ma quello che più mi piace, e che non c’entra niente con la bilancia, è il mio sguardo che ora se fossi un personaggio di un cartone giapponese, lo disegnerebbero pieno di stelline della felicità, e gli angoli della bocca sono girati all’insù perché sorrido sempre, e la voglia di scrivere, di fare e di mettermi alla prova sono tutti frutti di questo ritrovato entusiasmo.
Mi piace la buona cucina, il buon vino e la buona compagnia, praticamente ho già prenotato il mio appartamento con doppio ingresso: da una parte il girone dei lussuriosi, dall’altra quello dei golosi, e amen…
Ho una bella vita e me la tengo stretta, il girovita di stretto invece, meschino, non ha più niente, e pazienza ce ne faremo una ragione tutti, pettegole e malelingue comprese, che se la cattiveria servisse a bruciare calorie, sarebbero dei grissini, loro.

Origliando i discorsi degli uomini

A lezione di donne …..ma dagli uomini.
Avete mai provato a parlare di donne con degli uomini?se non lo avete mai fatto, fatelo subito, perché è una vera e propria rivelazione.
Scoprirete che un buon tre quarti delle menate che ci facciamo noi sono completamente inutili, e cose a cui non facciamo nemmeno caso, si rivelano essere, invece, fondamentali.
Rivelazione numero 1) non rimaneteci male se il vostro lui non si accorge che siete appena state dal parrucchiere, vi è costato un patrimonio e un pomeriggio di permesso dal lavoro. Non lo fa per cattiveria, è che lui non lo vede proprio se avete cambiato in un colpo solo taglio, colore e piega, il suo sistema neurologico non è tarato per queste cose, lui vede voi con i capelli nuovi ma gli occhi non mandano nessun impulso al cervello, e più voi vi piazzerete davanti a lui, come a dire “guarda… Ti piaccio? Come sto?” più si formerà dentro di lui quel senso di disagio di chi sa che sta avendo qualche mancanza, ma non sa proprio quale. Morale della storia: litigherete, perché voi gli sbatterete in faccia la vostra verità: che non vi guarda, che non vi considera, che NON VI AMA, mentre lui, poveretto, cercherà di giustificarsi per evitare che sulla sua fedina penale venga scritto l’orrendo crimine “non si è accorto che la sua compagna/moglie/fidanzata è stata dal parrucchiere”. Siate obiettive: non è così grave. Soluzione: invitate una vostra amica per un caffè, lei si accorgerà subito del cambiamento, anche se avete solo accorciato la frangia di qualche millimetro.
Rivelazione numero 2) del make-up e della sua inutilità. Del tutto superfluo, ancorché fastidioso…già care mie, provate voi a baciare due labbra tutte piccichelente di lucidalabbra e poi vediamo.
Anche se io a onor del vero, in viaggio di nozze, dopo tre giorni completamente struccata, il mio adorato neo marito mi ha così apostrofato “però, un filino di trucco, mettilo va’” della serie “l’amore è una cosa meravigliosa”. Però è vero, agli uomini non piacciono: troppo trucco, troppe unghie (gel, glitter, decori e compagnia cantando), troppa messa in piega…insomma avete capito, tutto ciò che è troppo non va bene.
Rivelazione numero 3) pizzi e merletti. Anche no grazie. Per me è stato uno shock, ma a loro non gliene importa un fico secco di guêpière, reggicalze, baby doll e affini; come ha detto una volta la mia saggia amica Manuela “per loro è solo la carta intorno alla caramella, l’imperativo è arrivare a toglierla, non contemplarla”.
Rivelazione numero 4) delle gattemorte. Ossia quelle ragazze un po’ languide, secche secche, con lo sguardo annoiato, quelle che “il mondo è troppo piccolo per me”, riconoscibili perché sempre super tirate, assumono l’aria da dive per autocertificazione. Posso essere un po’ scurrile? Grazie. Quelle che pensando (tra l’altro erroneamente) di avercela solo loro, a priori si atteggiano a pantere e poi invece “ma per chi mi hai preso?” Scartate a priori. Zitelle ad honorem.
Rivelazione numero 5) delle aggressive. Semplicemente sono le gattemorte con qualche hanno in più. Amano il maculato in genere, che agli uomini fa senso, sono super-abbronzate tutto l’anno, sono in genere troppo-tutto: troppo scollate, troppo scosciate, troppo truccate, volgarotte. Non sono ancora riuscite a capire che “fare colpo” non è sinonimo di piacere. Raramente vanno oltre il primo appuntamento. E si dannano l’anima cercando di capire il perché: guardatevi allo specchio, santo cielo!
Rivelazione numero 6) la pantera del ribaltabile. Piacere piace, eccome; il suo dramma è che per attitudine si autocandida al ruolo di amante, o passatempo, non di compagna a lungo termine e già, anche agli uomini ogni tanto piace parlare e come in tutte le cose: il troppo stroppia. Fatevi una doccia gelata.
Rivelazione numero 7) quelle sempre a dieta. Mettetevi nei loro panni: organizzano una bella seratina, ristorante giusto, atmosfera, cenetta occhi negli occhi e voi che fate? Ordinate un’insalata e un bicchiere d’acqua. Complimenti, vi state scavando la fossa da sole perché non c’è niente di più innervosente che invitare una ragazza a cena per poi di fatto cenare da solo con davanti un coniglio che rosicchia insalata. Invecchierete magre come grissini e sole. Contente voi.
Rivelazione numero 8) della luce e sue ripercussioni. Cose che piacciono agli uomini. E qui è meglio andare piano, l’argomento è delicato. Cosa intendiamo per luce? Allora, dicesi luce quando, guardando da dietro una ragazza, le sue chiappette sono così toniche sode che dal cavallo dei pantaloni si crea un vuoto, da cui appunto passa la luce. Tutto chiaro? Tranquille solo una su mille vanta un simile requisito, con buona pace nostra e dei nostri uomini… Devo dire che su questo argomento si sono veramente infiammati tutti. Boh, fate voi, se volete massacrarvi di squat in palestra, si può provare a riportare la luce laddove ora regnano le tenebre più scure. Ci penserò su…
Rivelazione numero 9) la luce sta anche nel sorriso e nello sguardo. Agli uomini piacciono le donne allegre, solari, positive, che sanno stare allo scherzo e che non si offendono per ogni cosa. Quelle donne che non si nascondono dietro a troppi travestimenti, che sanno essere femmine ma anche un pochino maschiacci, che sono forti quando occorre, ma che ogni tanto hanno bisogno di protezione (al limite fingete di essere deboli, funziona lo stesso). Quelle donne che non vedi l’ora di presentarle agli amici, non perché te la invidieranno, ma perché anche loro vedranno in lei tutto il bello che hai visto tu.
Rivelazione numero 10) l’elogio della normalità. Agli uomini normali piacciono le donne normali, e viceversa. Dopo caraffe di sangria, taniche di spritz, fiumi di mojito e bottiglie e bottiglie di vino siamo giunti tutti a questa conclusione. Forse un po’ banale, ma così è.
Siate normali, sarete eccezionali.

L’amore ai tempi del… Viagra

Parliamo d’amore….quello vero, quello che fa battere forte il cuore; quell’amore che qui, nella romantica Portofino trova la sua cornice ideale: l’amore che misteriosamente sboccia fra neanche-tanto-arzilli vecchietti e deliziose signorine che se va bene, hanno acquisito da pochissimo il diritto di voto, e da ancor meno tempo, la cittadinanza italiana.
Li riconosci da lontano, lei bellissima svetta su tacchi altissimi, con addosso vestiti firmatissimi e gioielli brillantissimi, tutto issimo insomma. Sguardo fiero e attento su chi va e chi viene, potrebbe sempre innamorarsi improvvisamente di uno che ha la barca…pardon…il cuore, più grande.
Lui il più delle volte ha addosso il classico blazer doppiopetto con i bottoni dorati, un po’ ancien régime, ma sempre elegantissimo, fuma il sigaro e al polso ha l’inequivocabile segno della sua ricchezza: un orologio d’oro grosso come un pendolo a muro. La tiene affettuosamente a braccetto, onde evitare che lei si spezzi una delle sue sottilissime caviglie, già, perché poco importa se hai ai piedi delle preziosissime Louboutin o Jimmy Choo, la Piazzetta di Portofino è fatta tutta di insidiosi ciottolini, che con i tacchi alti non vanno proprio d’accordo, e tutte, ma proprio tutte, assumono l’andatura di un fenicottero ubriaco, e l’unica via di possibile salvezza è aggrapparsi al braccio del proprio cavaliere.
E qui bisogna aprire una parentesi per distinguere le parvenues dalle habituèes: le prime sono quelle che ignare di cosa le aspetta si arrampicano su tacchi altissimi e fanno giocare alla roulette russa i loro malleoli ad ogni passo; le seconde, sono quelle eleganti signore e signorine che si godono il week end al mare con ai piedi semplicissime, comodissime e piattissime ballerine Porselli che sarebbero da danza, ma fa chic indossarle come scarpe comuni, quindi costano una follia durano un giorno, ma garantiscono una perfetta aderenza al suolo, in barba ai ciottoli. Normalmente poi, le seconde guardano le prime con una sorta di sguardo di compatimento, come a dire “tesoro se ti giocherai bene le tue carte potrai anche tu un giorno scendere dagli escort-tacchi”.
Ma torniamo ai nostri piccioncini.
Li vedi scendere in tarda mattinata, le più abili vantano già un prezioso bottino raggranellato nelle boutiques di Via Roma, strada che dal posteggio conduce in Piazzetta, una specie di percorso obbligato, insomma: Hermès, Gucci, Pucci e Dior. Lei sarà un po’ annoiata dietro gli enormi occhiali da sole mentre lui parla di finanza e politica oppure saluta le vecchie glorie del posto “il Puny”, “il Tigre”, “l’Ugo” e “il Pinuccio”… Tutti amici e tutti con l’articolo IL davanti. Prenderanno un aperitivo dal Mariuccia, lei un analcolico alla frutta (deve rimanere lucida) lui uno “champagnino” accompagnato da languidi sguardi da gatta sapientemente dispensati ad arte dalla giovane innamorata.
Il rituale del pranzo è pressoché sempre lo stesso: tavolo riservato, una foglia di lattuga (piccola e scondita, mi raccomando) per lei, mentre lui fa filotto: antipasto, primo, secondo, dolce, caffè, ammazzacaffè (deve tenersi in forze ); lui proverà più volte a fare assaggiare qualcosa alla signorina, ma in risposta otterrà solo degli sguardi di sufficienza e un muso lungo, a meno che….
A meno che lei non abbia rosicchiato la sua lattuga accompagnandola con ampie sorsate di vino, nel qual caso la temperatura salirà e pure la pressione del nostro Romeo perché lei comincerà a stuzzicarlo in tutti i modi il tutto sotto sguardi carichi di invidia (uomini)o di disappunto (donne). E se è vero che tutto ha un prezzo, il pomeriggio potrebbe essere molto caro per il nostro incanutito innamorato.
Il tempo necessario per un rapido giro nelle boutiques della calata, ce ne sono di molto interessanti, e poi via, verso la camera del l’hotel/la barca/ la villa dove il nostro Casanova riscuoterà il suo credito mettendo a rischio per l’ennesima volta le sue coronarie un po’ acciaccate e macchiate di blu.
Finché un giorno la cameriera telefonerà ai di lui figli per dare la notizia ferale… E qui l’universo degli amori impossibili si spacca in due, da una parte le lungimiranti ossia le fanciulle che con mezzi più o meno leciti si sono garantite menzione sul testamento, e dall’altra le sprovvedute ovvero coloro che non sono state abbastanza rapide ad accaparrarsi la loro fetta.
E dopo qualche anno le ritroveremo tutte a passeggio nella solita Piazzetta, le lungimiranti saranno passate al rango di ereditiere, indosseranno scarpe basse, i soliti abiti firmati e i nuovi gioielli di famiglia, le altre saranno aggrappate al braccio di un nuovo fidanzato in blazer doppiopetto blu, con ai piedi i soliti scomodissimi tacchi altissimi.

Davanti allo specchio

Il primo sospetto ti viene quando cominciano a darti del “lei” e ti domandi incredula come sia mai possibile che dei tuoi quasi coetanei, si rivolgano a te con così tanto rispetto. Ma il pensiero scivola via veloce e non ci pensi più.
Poi arriva il momento tragico: ti svegli una mattina e lui è lì, come se niente fosse, silenzioso sbeffeggiatore della tua verde età ormai sfiorita: il primo capello bianco.
In preda al panico cominci a spiluccare i capelli alla ricerca di altre prove del tuo incanutimento…tranquilla, le troverai e senza fatica. È ufficiale, sei diventata grande (eufemismo). Che quello dei capelli bianchi è il minore dei mali, fissi un appuntamento dalla parrucchiera ed è bello che risolto, anzi il nuovo colore ti sta meglio dell’originale e sembri pure più giovane.
Olè, 1 a 1 e palla al centro.
In preda al panico davanti all’idea di invecchiare, scattano i controlli alla carrozzeria: si comincia prendendo a pizzicotti la parte posteriore del braccio (non mi dilungo in ulteriori spiegazioni, tanto siete tutte li che pizzicottate nel punto esatto) per vedere se tiene, se potete ancora usare il salino in pubblico se per caso indossate una maglia con le maniche corte – e comunque le maniche a 3/4 sono raffinatissime-o se siete condannate ad una vita di mangiare sciapo. Si prosegue analizzando il vostro profilo allo specchio: il mento? Che dice il mento? Vi garantisce ancora un profilo degno del più spietato dei dolcevita a collo alto, oppure, onde evitare di sembrare una tartaruga che esce dal suo guscio, sarà il caso di optare per scolli un po’ più morbidi che daranno al vostro collo un bella rincorsa?
E poi giù giù giù, verso gli inferi.
Il décolleté…un tempo si faceva la prova della matita. Si metteva una matita sotto la piega del seno, se cadeva eravate salve, se rimaneva bella ferma li voleva semplicemente dire che gli ormeggi avevano ceduto, e bisognava organizzarsi in termini di paranchi e sostegni.
Ora, senza arrivare a tanto, nel dubbio regalatevi un bel push up e buonanotte ai sognatori, alcuni sono veramente miracolosi: alzano, riempiono, regalano una taglia, peccato che rischiate una denuncia per millantato credito, da vestite siamo tutte maggiorate, e poi….
Senza pietà, continuate a scendere: avete anche voi il piercing all’ombelico? Segno tangibile che un tempo il nostro addome era tonico, teso e piatto come la pelle di un tamburo, nulla osava intromettersi fra la pelle e gli addominali, erano un tutt’uno, i jeans a vita bassa non facevano paura e non erano scomodi, erano semplicemente una partita vinta.
Pazienza dai, con circa un miliardo di addominali al giorno la situazione può tornare agli antichi splendori, e se come dieta giornaliera ci facciamo bastare un’oliva (snocciolata) e circa 10 litri di “acqua che elimina l’acqua” (ma vaffanculo va! Te e io che ci credo) possiamo comodamente ritrovare quell’armoniosa e scattante silhouette di un tempo, sì ma sdraiate, fra quattro tavole, al buio e con intorno i nostri cari che piangono.
E adesso giratevi di 180 gradi e toglietevi quei leggings “shape” che strizzano e sollevano così in alto che più in alto non si può. Al buio questa prova non vale, quindi: riaccendete la luce, furbone!
A quale categoria appartenete? A quella che il tempo ha appiattito e livellato tutto al punto che sembra che vi abbiano dato una padellata rovente sul sedere, o a quelle che il rimpolpamento gluteale è proporzionale al tempo che passa? Il cibo entra nella bocca, poi, giusto il tempo di trasformarsi in ciccia e poi attraverso scivoli posizionati in maniera strategica da chissà chi, si va a mettere proprio li al suo posto su chiappe e fianchi: maledetto!!
Delle cosce non voglio parlare, ognuna mediti sulle proprie disgrazie, e amen.
Anche i piedi non sono più gli stessi: prima qualsiasi scarpa calzavate andava a pennello, ora una fa male dietro, l’altra fa male in punta, l’altra ancora vi fa venire il mal di schiena e vi batte sulla nocetta. Cheppalle!!!
Devo ancora capire come mai noi donne man mano che gli anni passano invecchiamo, e gli uomini invece acquistano fascino. Su di loro i capelli grigi sono fichissimi mentre su di noi fanno pena. Le loro manigliette dell’amore sono adorabili, su di noi sono patetiche. La pancetta maschile è indice di benessere su di noi è antiestetica. Un uomo che indossa scarpe brutte ma comode è un furbone, una donna invece diventa subito una vecchia belarda. Un uomo che si abbandona ai piaceri della tavola è uno che si gode la vita, mentre a noi donne viene chiesto di passare la vita mangiando insalata (ma non siamo conigli)….NON È EQUO!
Rivoglio indietro il mio metabolismo super veloce, quello che mi faceva dimagrire mangiando come un bue, quello che bruciava ogni singola caloria che io introducevo impunemente nel mio corpo, senza rinunciare però allo sguardo che ho adesso, al suono della mia risata e alla mia voce matura.
Ho quarant’anni, porto la 44, ho la cellulite, mi tingo i capelli e dovrei perdere qualche chilo…. Sono una donna. Quindi?
Va bene così.

Orchi e pettirossi

C’è una ragazza da queste parti, un po’ troppo distratta….
Una ragazza esile come un giunco, con gli occhi troppo grandi per quel viso minuto, occhi che nascondono qualcosa.
Questa ragazza girando per casa sbatte nei pensili, centra sempre qualche spigolo, cade sempre dalle scale, deve soffrire molto il freddo perché può capitare che indossi le maniche lunghe anche d’estate.
Quando la chiama il fidanzato sul cellulare, le mani le tremano sempre un poco e la sua voce diventa un pochino stridula….spalanca gli occhi e gli chiede sempre scusa.
Quando li vedi insieme però sono proprio una bella coppia, lui confronto a lei è un gigante, lei sarà quaranta chili con le scarpe e lui le appoggia sempre il braccio sulle spalle, la avvolge, come se la volesse proteggere. Lei in casa lo tratta come un principe, gli raccoglie i mozziconi che lui butta a terra e per fargli la pasta fatta in casa come piace a lui, lei si alza alle cinque del mattino, prepara il pranzo, la cena, pulisce casa in silenzio e poi esce chiudendo piano la porta, così non lo sveglia, il suo principe.
Lui è tutto il suo mondo, lei non farebbe nulla per contrariarlo, solo quella volta, quando lei ha fatto tardi al lavoro e lui si è molto preoccupato al punto che è sceso in piazza ed è andato a prenderla in negozio, l’ha riportata a casa trascinandola per un braccio, il giorno dopo lei indossava le maniche lunghe…non lo ricordo con precisione, ma forse era una giornata un pochino più fresca. I giorni dopo aveva gli occhi sbarrati, sembrava un uccellino impaurito, però sorrideva, ha un sorriso splendido. Lui sorride poco e ha gli occhi che sembrano due lame, a me è anche un po’ antipatico, però se la ama va bene così, deve piacere a lei mica a me.
Chissà che spavento si è preso quella sera che i vicini hanno sentito quel gran fracasso e poi quel tonfo: distrattamente lei ha messo male un piede ed è ruzzolata giù dalle scale, tante scale, a giudicare dai lividi che aveva sulle gambe, aveva anche un brutto segno viola sul collo”cavolo, stellin, stai attenta a quello che fai, va a finire che ti ammazzi”.
Però lui fra le lenzuola è un drago e quando ti ricopre di insulti, alla fine, è un giochino divertente per rendere il tutto più eccitante, anche quella volta che ti ha stretto le mani intorno al collo però un po’ troppo a lungo, sì quella volta un pochino di paura te la sei trovata, ma poi hai dormito abbracciata a lui. Che ti ama. Tanto.
L’ho rivista qualche tempo fa, mi è corsa incontro, il sorriso era un po’ tirato, per baciarle le guance le ho scostato i capelli…una brutta ferita con i punti ancora freschi sulla tempia destra “i pensili della cucina” si è prontamente giustificata. I miei occhi hanno incrociato quelli del suo fidanzato, mi sono sentita molto a disagio, un brivido mi ha percorso la schiena e ho dovuto distogliere lo sguardo, ma è come se avessi visto tutto.
Ho visto due mani stringere troppo forte quelle esili braccia e strattonare un corpo indifeso come fosse una bambola di pezza. Ho visto una ragazza poco più che ventenne vivere di paure e ridotta praticamente schiava dall’uomo che dice di amarla, ho sentito il rumore sordo dei calci sulle gambe, dei pugni sulla schiena, gli schiaffi così forti da farla sbattere con la tempia in uno spigolo.
Le decine di messaggi e le telefonate ossessive che se non rispondi subito, a casa sono botte, ancora e ancora, finché non impari come ci si comporta.
Una ragazza in fiore sfiorire fino a diventare l’ombra di se stessa…
Questo vorrei dirle: l’amore quando è sano e vero, rende belle, fa entrare dentro di noi la luce da ogni singolo poro, ci rende sicure e spavalde perché sappiamo di non essere sole, il nostro più grande sostenitore è al nostro fianco.
Un uomo che ti ama non alzerebbe mai nemmeno un dito su di te, nemmeno per scherzo. Un uomo che ti ama non si rivolgerebbe mai nei tuoi confronti a male parole, e non potrebbe tollerare che tu possa avere paura di lui. Un uomo che ti ama ti offre solo il meglio che ti può dare.
Ti avvolgerà le spalle con le sue braccia e saranno rifugio per te, e non le spire di un serpente, sempre più strette e soffocanti. Le sue mani saranno carezze e non sberle… Avrà cura e rispetto dei tuoi sogni e ti aiuterà a combattere tutti i tuoi incubi.
Un uomo violento invece, ti trascinerà talmente a fondo nella sua follia, da farti credere che le botte e gli insulti te li meriti, e che sei stata fortunata a incontrare lui che ti ama anche se il tuo valore come persona è prossimo allo zero. Un uomo violento prima ancora che sul corpo si accanisce sulla tua autostima, sulla tua consapevolezza di donna, riducendole in briciole, il resto poi è un tragico crescendo.
E tu stai lì, ferma immobile, come se fosse l’unico posto sulla Terra dove tu meriti di stare.
E soprattutto un uomo che picchia non smette di farlo per amore tuo, anche perché un uomo violento è un uomo che non sa amare. C’è solo una cosa da fare: scappare via il più lontano e il più velocemente possibile.
Prima che sia troppo tardi.