“Cielo! Siamo ricchi….e adesso che si fa?”

L’altra sera, dopo cena, mentre eravamo “abbarbonati” sul tappeto (abbiamo un divano bellissimo e comodissimo, ma il tappeto ha tutto un altro sapore, un richiamo irresistibile), tutti intenti a rosicchiare il nostro ghiacciolo post- cena, Luca se ne salta fuori con una domanda delle sue: cosa faresti se fossimo colti da improvvisa ricchezza?
Incredibile, ma non ho saputo rispondere…
Si fa presto a dire “ricchezza”: quanto ricchi?
Ricchi da poter tranquillamente smettere di contare il denaro, che intanto ce n’è e sempre ce ne sarà, oppure ricchi da poter vivere sereni senza rinunciare a niente ma, tuttavia, senza stravolgere le nostre abitudini, o ancora, ricchi da poter mettere il libretto di lavoro in un blocco di cemento a pronta e poi lanciarlo in mare?
A me piace questa: “ricchi da potersi permettere di rincorrere tutti i nostri sogni, raggiungerli, realizzarli e farne di nuovi”. Così mi piace un sacco. Perché un sogno può essere anche una cosa stupida, che non comporti necessariamente un notevole esborso di denaro, ma che magari necessita di tempo e attenzione, e noi siamo sempre di corsa, e il nostro sogno se ne resta lì , tutto solo, a morire di freddo.
E così dopo alcuni viaggi in scooter Chiavari-Portofino andata e ritorno, passati a riflettere, sono riuscita a formulare un elenchino di cose che mi piacerebbe fare, di cose che mi piacerebbe poter acquistare e di “imprese” che mi piacerebbe portare a termine.
Siccome non siamo alle selezioni di Miss Italia, non troverete cose tipo “portare la pace in tutto l’Universo” e “eliminare la fame nel mondo”, ovviamente cercherei di rendermi utile in qualche modo, ma siccome la beneficenza si fa ma non si dice (è così inelegante e squallido autoincensarsi per aver fatto qualcosa di buono per il prossimo), non lo verreste mai a sapere. E poi questo è un blog semi-serio-quasi-stupido, mentre la beneficenza è una cosa serissima, che merita di essere trattata adeguatamente e nelle sedi appropriate.
Ma bando alle ciance.
Se domani mi sveglio che sono ricca, potrebbe succedere che:
– compriamo tre case: una a New York, una a Londra e una a Parigi, quella a New York la vorrei direttamente su Central Park, quella a Londra a Covent Garden o Chelsea, quella a Parigi, scusatemi se è poco, ma Le Marais potrebbe essere perfetto. Potendo continuare a sognare ingaggerei Philippe Stark per arredarle. Tre case, tre stili diversissimi. E le basi per la nostra vita da giramondo sono gettate.
– girerei in lungo e in largo l’Africa, con un aereo atterriamo a Johannesburg e poi si vedrà.
– in un casale in piena campagna, magari una casa colonica nella Maremma, aprirei un piccolo hotel de charme, dove il tempo non esiste, con un ristorante favoloso, ovviamente stellato, cucchiaiato, forchettato, ma con non più di trenta coperti. Un’oasi di pace e piacere. Per me e i miei ospiti.
– nel casale di cui sopra ci sarebbe spazio per il mio allevamento di Labrador e la regina indiscussa sarebbe Tabata.
– ogni mia casa avrebbe uno studio per me e uno per Luca, nel mio studio con vetrata panoramica scriverei i miei libri. Potrei anche vincere il premio Strega, e anche il premio Bancarella come talentuosa scrittrice emergente.
– potrei finalmente valutare di fare quel viaggio al Polo Nord su una rompighiaccio inseguendo l’aurora boreale (ma anche se non dovessi diventare ricca, prima o poi lo farò)
-sulla via del ritorno dal Polo Nord si potrebbe attraversare il Tibet, prolungando verso la Muraglia Cinese e poi giù giù giù verso l’Australia, e poi già che siamo giù non vuoi vedere anche l’aurora australe?
-tornare a casa e sincerarsi che tutti stiano bene, sistemare due cosine e poi ripartire, attraversare tutti gli oceani, magari in barca a vela. Ovviamente avrei fatto tempestivamente un corso e sarei una navigatrice esperta, ma mi organizzerei anche con un equipaggio di tutto rispetto:sono o non sono milionaria?
– alla faccia di chi dice che è da sfigate arricchite mi regalerei una (ma anche due) Birkin fatta su misura per me (ma anche questo so che prima o poi arriverà. Io so aspettare)
-vizierei tutte le persone a me care.
– il mio shopping sarebbe intercontinentale: a New York le scarpe, a Parigi i vestiti da sera (sono milionaria, nonché scrittrice di successo e moglie di un importante business man: abbiamo una vita mondana vivacissima) a Milano il prêt à porter per tutti i giorni, per i dettagli estrosi si va a Londra.
– ogni due anni dovrei rifare il passaporto perché le pagine per i visti sono sempre troppo poche.
– dovremmo anche trovare il tempo per andare in Giappone e fare quei corsi di Feng Shui , Ikebana e Sushi che ci incuriosiscono tanto, e magari valutare di comprare una casa anche là.
– vogliamo parlare dei libri fotografici che raccontano tutti i nostri viaggi?
E poi, cos’altro?
Beh poi sarebbe fantastico se ci toccassero in dono tutte quelle cose che ,purtroppo, non c’è ricchezza che tenga: una buona stella che brilli felice sulle nostre teste garantendoci salute, amore e armonia, per noi e quelli a cui vogliamo bene. Perché senza queste tre, puoi essere anche il più ricco della Terra ma faresti comunque ben poca strada.
E poi quel guizzo, quel lampo negli occhi che si accende ogni volta che pensiamo di organizzare qualcosa, fosse anche solo una pizza fra amici, e la sua mano da stringere, anche quando saremo vecchi e rimbambiti; io so che sarò una vecchia rimbambita molto estrosa e difficile da gestire, potrei decidere di avere i capelli rossi anche a cent’anni – intendo arrivarci e non scherzo affatto.
Ma per questo non serve essere ricchi, e non è affatto un sogno, ma è realtà. Dateci solo un po’ di tempo, e vi faccio vedere io di che pasta sono fatti Magda e Furio.

Tous à Paris

Una delle rare occasioni in cui provo un po’ di sincero imbarazzo circa il nostro essere italiani è a bordo di un aereo. È più forte di noi, nel bozzolo sicuro e protetto dell’aereo, consapevoli di non essere più individui singoli, ma di fare parte di un branco, e che quindi il nostro comportamento non è più giudicabile, ci abbandoniamo agli atteggiamenti più assurdi.
Ho sviluppato una teoria e più a lungo sono a bordo di questo aereo e più mi convinco che è veritiera: i voli delle compagnie low cost straniere che si appoggiano ad aereoporti italiani, altro non sono che provvedimenti disciplinari per il personale di volo che è a bordo. Una punizione, severa per giunta.
Glielo leggo negli occhi mentre lo steward spiega in inglese a un branco di vacanzieri che di inglese non capiscono nemmeno una parola, come salvarsi la vita in caso di necessità. Credo che a un certo punto ci abbia pure rinunciato, si è sfilato il giubbotto di salvataggio di cui stava spiegando funzionamento e uso, e lo ha lanciato in un angolo, tanto nessuno lo seguiva…c’era la signora tracagnotta che vagava per il corridoio tentando, inutilmente, di schiacciare il giaccone che lo Yeti le ha prestato in una cappelliera, peccato che la signora sfiorava forse il metro e cinquanta e le cappelliere sono ben più in alto….povera tutta rossa in viso e nessuno che l’aiutava, le braccia allungate a dismisura nel tentativo di fare un canestro impossibile.
C’era il bambino piccino al suo primo volo che piangeva come un dannato e non c’era verso di calmarlo, urlava talmente tanto da coprire la voce della hostess, e lei che lo guardava con la disperazione negli occhi.
C’era pure una valigia abbandonata da chissà chi, e hai voglia a chiamarlo al microfono il signor Cappellini, presunto proprietario della stessa. E se fosse una valigia piena di tritolo? Senti me: teniamo a bordo la valigia rischiando di saltare in aria e lasciamo giù il bambino indemoniato, dai mettiamolo ai voti!! Arzilli vecchietti colti da improvvisa frenesia che si alzano con un sincronismo impressionante, proprio mentre passano le povere hostess con il carrello delle bibite, creando ingorghi degni dell’ora di punta, in centro, a Roma.
Gente che pensando di sfidare il sistema occulta all’occhio delle hostess il cellulare acceso: tanati subito. Altri invece più educati che chiedono se lo si può tenere acceso, peccato che lo steward è inglese e ne viene fuori un dialogo surreale…mah..
Si avvicina il momento dell’atterraggio, il bambino indemoniato continua a urlare, ormai se lo palleggiano i nonni, le zie e la mamma, ma lui di smettere di piangere non ne vuole sapere. Atterriamo: dalla coda dell’aereo parte un timido tentativo di applauso, il personale di bordo si guarda negli occhi e ride, si vede che stanno pensando ” sfigati, siete gli unici al mondo ad applaudire uno che fa solo il suo lavoro.” Ci odiano, non ho dubbi.
Quando l’aereo si ferma, la voce registrata non riesce a finire la frase “…vi preghiamo di rimanere seduti fino a quando il segnale luminoso non si spegne” che a bordo regna il caos: tutti in piedi, cappelliere che si aprono, trolley che passano di mano in mano, gente che urla, gente che si spinge, gente che litiga, le hostess ci guardano come se stessero guardando le scimmie allo zoo e ridacchiano fra di loro. Abbiamo una sola possibilità: rinnegare per qualche minuto i nostri italici natali e aspettare seduti che la folla si plachi e poi dileguarci il più in fretta possibile e “Vive l’Italie et vive Les Italiens”.