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poche storie ragazze, qui gli anni passano che è un piacere, noi dentro ci sentiamo delle sgambettanti teen-ager, ma le cose non stanno esattamente così. Stiamo volentieri in compagnia delle ragazze di vent’anni  delle quali ci sentiamo a pieno titolo loro coetanee ma, documenti alla mano, tra noi e loro ci passa un libro di storia: la nostra.

Il mio spartiacque generazionale è da sempre Il Mondiale, QUEL mondiale che non ha bisogno di essere definito, perchè per noi che c’eravamo, sarà per sempre il Mondiale di Pertini che esulta, della corsa a perdifiato di Tardelli, di quell’Italia operaia che faceva la villeggiatura in montagna o al mare con la macchina carica, con il portapacchi sul tetto e i figli incastrati come pezzi del Tetris sul sedile posteriore, con il manico della caffettiera che, se ti giravi di scatto, ti si conficcava nella cornea. Erano gli anni in cui si affittavano gli appartamenti, mica si andava in albergo, che era una roba da ricchi. Correva l’anno 1982, io stavo per compiere 10 anni, ero magra come un grillo e mia madre per l’occasione della finale mi aveva vestito da bandiera italiana: bermuda rossi e maglietta verde e bianca, a concludere il quadro codini talmente tirati sulla testa che avevo praticamente gli occhi da cinese. Me lo ricordo benissimo il corteo in montagna per festeggiare la vittoria, ed è sempre una grande gioia farlo, solo che accade sempre più spesso che intorno a me, invece che complici occhi lucidi, ci sono occhioni sgranati come se io stessi raccontando una favola bellissima: il mio interlocutore non era ancora nato, e mi sta guardando come una sorta di oracolo, come se mi volesse dire “ma allora tu c’eri, tu l’hai vissuto, tu lo puoi raccontare”. Cazzo se io c’ero e tu sei una mia coetanea, te lo devi ricordare pure tu, e invece no, la fanciulla davanti a me, a conti fatti potrebbe essere mia figlia, non la mia amichetta delle elementari.

Vi vestite in maniera quasi simile, magari frequentate pure la stessa palestra, vi scambiate un sacco di messaggi al giorno, vi lega un leale sentimento di amicizia, vi volete bene davvero come se foste cresciute insieme, ma non è così. Non è proprio così, vi separano un paio di decenni di vita, infatti lei non ha ancora ingrandito in maniera esponenziale il carattere del telefono per leggere meglio i messaggi Whatsapp, lei non si deve far leggere dagli altri il bugiardino dei medicinali, e per farsi le sopracciglia con le pinzette, non deve usare la lente a 10000 ingrandimenti, e non va nemmeno in panico se al ristorante non trova nella borsa gli occhiali per leggere il menù. Lei ci vede benissimo, mentre tu sei diventata presbite: capita quando hai scollinato i 40 e passa. Basta non farne un dramma, e acquistare una montatura fichissima.

Uscite insieme una sera a cena, tirate tardi e ci scappa pure un bicchiere di troppo… la mattina dopo lei si alzerà dal letto un po’ stropicciata: si farà una doccia e uscirà di casa fresca come una rosa di maggio. Tu ti alzerai dal letto conciata come se ti avessero pestato a sangue, gonfia come una zampogna, sfatta e distrutta con un unico pensiero fisso: arrivare a sera per andare a dormire alle 20, anche senza cenare, fa lo stesso, l’importante è dare tregua al cuore che sentirai sul punto di cedere più volte durante la giornata. Cena durante la quale lei ti racconterà mirabilie e numeri funambolici, amplessi consumati fugacemente e in preda a raptus incontrollabili; e certo, i suoi ormoni sono ancora scoppiettanti come chicchi di mais dentro ad una padella sul fuoco, i tuoi invece somigliano a quei gatti pigri che passano l’inverno sul calorifero, che per svegliarli e convincerli a muoversi li devi ridurre praticamente alla fame nera, e in ogni caso lo fanno con una punta di svogliatezza, una sorta di “ma sì, ma noi abbiamo già dato, lasciateci godere la pensione”. E mentre tu le provi tutte per ritardare la menopausa, lei è più fertile della Pianura Padana e tu invece sei la versione umana del deserto dei Gobi, il nulla eterno, e cominci a a fare i conti con le prime scalmane, caldane, cioccamenti vari, che quando ce li aveva tua madre ridevi divertita, ma la ruota gira bellezza…e ora tocca a te. Merda!! e apri le finestre che fa caldo… anche se è dicembre.

La invidi un pochino, ammettiamolo. Ma quell’invidia buona che non ha il retrogusto della cattiveria…chiunque invidierebbe (sempre con affetto, sia inteso) un metabolismo saldamente schierato al tuo fianco, talmente arzillo e pimpante che, per dimagrire basta solo pensarci: et voilà, i chili sono già scomparsi autonomamente e senza sforzo, mentre noi per riuscire a perdere un solo misero chilo dobbiamo nutrirci con fili d’erba e aria fino a nuovi ordini e i chili se ne restano lì saldamente ancorati al tuo girovita, come se niente fosse accaduto. Lei fa tre addominali di numero, ed eccola lì, tonica e ganza fa capolino la tartaruga, noi ne facciamo millemila fantastilioni e i nostri addominali giacciono molli e sonnacchiosi al calduccio, sotto quel rotolino che fino a poco tempo fa non avevamo, ma che ora rivendica il suo spazio.

Ridete, ridete tanto insieme, e quando lo fate gli anni che vi separano si annullano come per magia, questa è la cosa meravigliosa. E pazienza se l’ovale del viso ha perso un poco della sua tonicità, e le gambe non sono più quelle della leggiadra gazzella che siete state. E’ andata così, ogni ruga, ogni segno che il tempo ha lasciato sul nostro viso, ci ha reso quelle che siamo, pregi e difetti, niente escluso. Ma se il tempo che passa si può prendere un po’ della nostra bellezza, nulla può sulla nostra anima, sui nostri sorrisi, sulla nostra voglia di vivere, sul nostro essere felici, a venti, a trenta, a quaranta e a tutti i decenni a venire che avremo il privilegio di vivere.

Oggi è il 364 esimo giorno del mio 45 esimo anno di vita. Da domani saranno 46… auguri e fino qui possiamo dire “tutto bene”.

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“La petineuse dei miracoli”

Ma adesso ditemi se questa cosa succede anche a voi. Andate a dormire che avete i capelli apprezzabilmente  in ordine e vi svegliate che, invece, sembra che uno stormo di passeri ci abbia fatto dentro il nido. O anche come se una banda di vandali teppistelli vi ci avesse fatto esplodere dentro un petardo: niente è più come prima. Bisogna rifare taglio, colore, piega, non va più bene niente. Praticamente ci vuole un miracolo, guardandovi allo specchio con aria sconsolata, non vi mettete a piangere solo perchè avete una dignità.

Siete ancora sedute sul water per la prima pipì del mattino e scrivete convulsamente il primo whatsapp alla vostra amica petineuse “situazione tragica, i capelli sono cresciuti di colpo stanotte, ho UN METRO di ricrescita, e anche il taglio è da rifare, e pure la piega. Salvami!” il tutto farcito con faccine piangenti e terrorizzate. Bevuto il caffè, vi rendete conto di essere state delle cafone maledette e non l’avete nemmeno salutata… “Scusa amour, non ti ho nemmeno salutata, ma sono veramente disperata: per andare al lavoro oggi mi metterò un sacchetto del pane in testa” cuoricino-bacio.

I minuti passano e lei non risponde. Lo capite ora cosa vuol dire trovarsi “tra color che son sospesi”? e pensare che quando il vostro professore di letteratura provava a spiegarvi il secondo canto dell’Inferno di Dante, voi sbuffavate annoiate, e ora, invece ci siete dentro fino al collo. Ogni volta che il telefono emette un suono qualsiasi vi lanciate su di lui con furia cieca, ignorate persino i cuori che vi manda vostro marito e i baci delle amiche; niente ora è importante. Niente. Quando finalmente eccolo il suo messaggio, che arriva fra un coro Celeste di angeli che cantano solo per voi: “Ciao! Ti va bene se ti fisso appuntamento per venerdì pomeriggio? Prima non riesco”. Bacio e cuoricino.

“Ma oggi è mercoledì….venerdì è lontanissimo!”lacrime-lacrime-cuore spezzato

“Tesoro lo so, ma prima non ho un buco nemmeno a morire. Ce la puoi fare a resistere” occhiolino-sorriso-bacio

“Però venerdì mi fai una testa tutta nuova. Promettimelo!” Mani giunte-linguaccia-cuore

“Te lo prometto. Ho già in mente un po’ di idee” Occhiolino-sguardo a stellina-fuoco d’artificio

Bene, ora si tratta di resistere fino a venerdì, ed essendo a tutti gli effetti venerdì un giorno ancora lavorativo, vi serve pure una scusa per assentarvi dal lavoro. Il dentista va sempre alla grande, ma anche un “devo accompagnare mia mamma ad una visita” non è male. L’importante è non fornire troppi dettagli, altrimenti vi tradite e scoprono la vostra misera copertura. Ricordate di essere vaghe: nel vago ci sta tutto. I vostri capelli ormai li vivete come un corpo estraneo che non vi appartiene, li odiate e basta, ma venerdì è alle porte, e state per sbarazzarvene.

Venerdì ore 14:30. Posteggiate la macchina in una via secondaria, e come spie in incognito vi avviate furtive (dovreste essere al lavoro, ma state andando dal dentista, ricordate?) verso il salone della vostra amica. Quando siete davanti alla porta vi lanciate dentro come un proiettile impazzito. Avete raggiunto la tana dell’orso – sempre per parlare come spie in incognito. Vi togliete giacca, sciarpa e il sacchetto del pane con cui girate da due giorni. La vostra amica petineuse vi guarda e vi dice “so io cosa fare” e a voi prende il panico, e cominciate a mettere i paletti.

“Io vorrei un taglio tutto nuovo, ma mantenere la lunghezza. vorrei un colore pazzesco, ma senza sembrare una cantante punk, vorrei più volume, ma non troppo, li vorrei mossi ma anche un po’ lisci e con la frangia che però possa diventare ciuffo laterale con un colpo di spazzola. E’ tutto chiaro, no? Sei d’accordo, amour?”

Lei vi sta guardando  con sguardo vitreo, ne vede a mazzi ogni giorno di squinternate come voi, lei non ha più paura di nessuno, da quando fa questo lavoro. Annuisce, ma dentro di sè sta pensando  “mannaggia al destino che mi ha messo questa folle sulla mia strada”. Ma poi vi sorride affabile e con lo stesso piglio di un bravo psichiatra, vi fa accomodare alla poltrona, vi mette la mantellina al collo e sentenzia “Ok. Cominciamo. Faccio IO”.

Un brivido vi corre lungo la schiena. Come vorreste provare quello stesso brivido a casa, con vostro marito che lanciandovi uno sguardo alla “sono un pirata non sono un signore” del caro Julio Iglesias dei tempi migliori, vi sorprende alle spalle con un perentorio  “Faccio Io”. Ma ora l’urgenza è un’altra, non distraiamoci.

La segui con lo sguardo e la vedi armeggiare con mille tubetti, poi torna e comincia a spennellare ciocca dopo ciocca, dopo ciocca, poi ti avvolge la testa dentro alla pellicola come se fossi un cibo da mettere in frigo. Trentacinque minuti di posa, e via. Neanche da dire che in questi minuti in cui non puoi toccarti la testa, ti partirà il prurito del secolo, e pagheresti per avere a disposizione un ferro da maglia, un uncinetto, l’ideale sarebbe la mano uncinata del Capitano Uncino per grattarti come se fosse l’ultima cosa da fare in vita.

L’ansia che ti assale quando suona il contaminuti e nessuno viene a spacchettarti, non si può spiegare, ti immagini i capelli che sotto la pellicola si stanno fondendo e che verranno via con lei, tutti insieme, come lo scalpo che gli Apache facevano ai loro nemici quando li catturavano. Niente paura, lei arriva sempre in tempo. Shampoo, doppio shampoo, balsamo, crema, impacco, siero, gocce miracolose, e chi più ne ha più ne metta: i capelli sono splendenti, il colore è abbagliante. La prima parte del miracolo è fatta.

La petineuse dei miracoli impugna le forbici, zichete, zachete, taglia che è un piacere e te, simulando indifferenza perché le hai detto spavalda che ti fidi ciecamente di lei, cerchi di vedere con la coda dell’occhio quanto sono lunghe le ciocche che sforbiciata dopo sforbiciata, si stanno ammucchiando sul pavimento intorno alla tua poltrona.

“Ehm, non è che stai tagliando un po’ troppo?”

“Ma no guarda, li sto appena sfilando, fidati.”

“Sei sicura?”

“Sì”

“Sicura sicura?”

“Sì”

“Giuramelo che sei sicura”

“Se non la pianti prima ti taglio un orecchio e poi ti raso la testa a zero”

“…..”

e silenzio fu.

Sei in suo potere, non puoi ribellarti, lei ha tutto, forbici, phon, piastra, spazzole, dalla parte del manico. Parte con l’asciugatura e la piega, e tu ti senti come Anastasia in “Cinquanta sfumature di grigio” mentre insieme a quel pervertito di Christian Grey, stava per varcare la stanza dei giochi, sei impaziente, curiosa e anche un po’ timorosa. A te però non ti aspetta nessuna scudisciata sulle chiappe, alla peggio giusto una passata di rasoio sul coppino. Stattene.

Quando lei esordisce con un trionfante “Finito!”  ti senti la più figa della Terra: che bella sensazione. Volteggiando come una ballerina ti metti la giacca, paghi, spargi baci a più non posso come una consumata diva, ti specchi in tutte le vetrine che ci sono fra te e la macchina e, ne sei sicura, stanno tutti guardando te e tu sorridi al mondo piena di luce e nuove consapevolezze, ti senti una donna nuova, diversa e rigenerata.

Entri in casa felice, corri incontro a tuo marito piena d’amore, abbracciandolo e baciandolo con gioia.

“Guarda amore, guarda. Tutta nuova, tutto cambiato. Come sto?”

E lui serafico e stupito per il vostro slancio

“Ma non avevi detto che saresti andata dalla parrucchiera, oggi?”

Lo stai odiando, fortissimamente odiando. E impettita ti allontani.

Fine.

 

Avere vent’anni: istruzioni per l’uso.

È da qualche giorno che gira su Facebook un link: “i consigli dei trentenni ai ventenni”, l’ho letto un paio di volte con attenzione e ho deciso di rilanciare, di dare ai ventenni di oggi, ma soprattutto alle ventenni, qualche dritta su come passare indenni o perlomeno, limitando i danni, questo decennio.
I trentenni consigliano nell’ordine di: a) darla, b)tenere sempre a disposizione dei preservativi, c)comprare dei preservativi, 4)usare dei preservativi. Un vero chiodo fisso, verrebbe da dire….oppure il padre dell’autore del post è proprietario di una farmacia. Ma non perdiamoci in chiacchiere e arriviamo al nocciolo della questione.
Parliamo un po’ di questo: darla. Dall’alto dei miei 40 mi permetto di ricordarvi che solo una ne avete e dovete farvela durare. Pure di reputazione ne avete solo una, e siccome non siamo più negli anni 70, anni in cui il sesso libero era un modo di rivendicare il diritto alla propria libertà individuale, non verrete ricordate come “quella ragazza così ribelle che attraverso il proprio corpo manifestava il suo libero pensiero”, macché, verrete ricordate semplicemente come quella che ai tempi dell’università se la sono fatta tutti perché non diceva di no a nessuno e “se vuoi fare un centro sicuro provaci con lei”. Ho un fratello maschio e di questi discorsi ne ho sentiti a centinaia, diciamo che parlo con assoluta certezza di causa.
Una dispensa piena di preservativi pronti all’uso. Parliamone un secondo. Fare sesso è bello e divertente e piace più o meno a tutti, ma se rimorchiate qualcuno, è proprio indispensabile darci dentro la sera stessa come due assatanati? e il giorno dopo che fate? e quello dopo ancora? non sapete niente l’uno dell’altro e già siete vittime della noia più assoluta. Ragazze fatevi un pochino desiderare, senza essere della principesse sul pisello,il che volendo è attinente all’argomento trattato, anche perché non vi state perdendo la trombata della vita gioie mie; lo farete più o meno nello stesso modo per il resto della vita. E quindi non scappa niente. Se a scappare è lui, l’altra metà di cielo, non disperatevi, avete vinto alla lotteria: era uno che da voi voleva una cosa sola…si brucerà qualche diottria in solitudine con buona pace dei suoi sensi, e voi siete salve.
comprate dei preservativi. Ma comprali tu, carino. Vuoi fare un giro al Luna Park? e allora compra almeno i biglietti. E ho detto tutto. In caso fosse sprovvisto vi rimando al punto 2.
Usate i preservativi. Ve lo hanno già detto che i bimbi non li portano le cicogne e che tantomeno nascono sotto ai cavoli, e che baciandosi non si resta incinte (Cioè, rivista adolescenziale dei miei tempi, rubrica “posta del cuore”), vero? Bhè ci sono altre cose che possono arrivare a sorpresa: le malattie a trasmissione sessuale. Quindi proteggetevi, se siete sprovvisti di condom rifiutate e siate irremovibili. Anche se a ventanni vi sentite invincibili, di vita ne avete una sola.
Prendi una donna e trattala male NON è un comandamento. Era solo il testo di una canzone degli anni 80 passata alla storia che si intitolava “Teorema”. Quindi se uno vi fa soffrire, aria, sciò sciò, via il più lontano possibile da voi, dalla vostra vita e dai vostri pensieri. Imparate a memoria quest’altra frase tratta dal testo di una canzone anni 80, molto più bella, tra l’altro: “Gli uomini non cambiano”, se uno è stronzo a vent’anni lo sarà con ogni probabilità anche a trenta e a quaranta. Lasciatelo perdere, con il senno del poi, capirete che non vi siete perse niente.
Rendetevi indipendenti, sotto tutti i punti di vista, i soldi non crescono spontaneamente nelle tasche dei vostri genitori e, a meno che non abbiate la fortuna spacciata di avere un seguito di servitù vita natural durante (cosa che vi auguro di cuore), dovrete sfamarvi e garantire un minimo di igiene a voi e alla vostra casa. Imparate quante più cose possibili dalle vostre mamme, vi tornerà utile più di quanto immaginate.
Investite su di voi. Viaggiate, studiate, leggete, imparate bene una lingua, formatevi un’idea vostra, un punto di vista che non deve essere per forza quello giusto, ma è il vostro e quindi va più che bene è non vale meno di quello degli altri.
Per fidanzarvi, accasarvi, mettervi una palla al piede avete tanto di quel tempo che non lo immaginate nemmeno. Godetevi il vostro tempo e usatelo: per voi.
Prendetevi cura del vostro corpo, della vostra pelle, dei vostri capelli ma non diventate schiave di trucchi e belletti. Avete dalla vostra parte la bellezza dell’età e se vi vedete un po’ bruttine, non preoccupatevi: ho visto brutti anatroccoli diventare maestosi cigni.
Il turpiloquio e, ancora peggio, le bestemmie sono fastidiose e imperdonabili già sulla bocca dei ragazzi. Sulla bocca di una ragazza sono avvilenti e squallide; voi pensate di essere fichissime a parlare come uno scaricatore di porto, ma se guardate un pochino intorno a voi: noterete solo sguardi di totale disappunto, siete delle sfigate fatte e finite. Complimenti, bel risultato.
Fidatevi di me: meglio avere molti amici e qualche corteggiatore, piuttosto che il contrario, meglio ancora non pensare di avere dei corteggiatori: vi renderà simpatiche e spontanee e tutti vorranno godere della vostra compagnia. Tanto credete a me, ci sono pochissime probabilità che il fidanzatino dei vent’anni diventi il vostro compagno di vita, mentre gli amici, beh, quelli si che cresceranno con voi. Quindi coltivate le vostre amicizie. Per l’amore c’è tempo.
Se siete proprio zuccone e avete ignorato il mio consiglio n. 11 sappiate che arriveranno presto le pene d’amore. Sì, lo so, son dolori, ma fidatevi di chi c’è passata: fa un male cane ma si sopravvive; a giro ci siamo passate tutte, fiumi di lacrime, intenti suicidi e pagine su pagine di diari. Poi come per magia il cuore ricomincerà a pulsare e la vita tornerà a sorridervi. Siccome avete scoperto sulla vostra pelle che fa un male cane, non fate le stronze con i cuori altrui. Mi raccomando.
Ricordatevi che siete uniche e se qualcuno vuole farvi dubitare mandatelo a quel paese.
Il consiglio n.13 è il più prezioso e utile. Fatene tesoro anche perché è valido a 20, a 30, a 40 e oltre.
Un abbraccio a tutte, Magda.

Moda mare a Portofino

Allora i caso sono due: o io sto diventando veramente intollerante, oppure è vero: il mondo si sta imbruttendo. C’è anche una terza ipotesi, ossia, sono corrette entrambe le due affermazioni, della serie “perché scegliere se puoi averle entrambe”.
Ma non usciamo dal seminato….della bruttezza si stava parlando.
Sarà forse colpa del caldo esploso all’improvviso, o della crisi economica, o dello scazzo generale, questo non saprei dirlo, sta di fatto che intorno a me vedo brutture, cadute di stile, cattivo gusto e la cosa più grave di tutte: poca pulizia, poca igiene, pochissima cura personale.
La gente puzza e non solo la sera quando uno può essere giustificato da una giornata di lavoro sulle spalle, anche se a essere onesti, mio padre che era un rude camionista (fichissimo ai miei occhi di figlia innamorata) e ai tempi non c’era l’aria condizionata, non puzzava, quindi si evince che non è questione di lavoro, fatica, sudore, ma piuttosto di acqua, sapone e deodorante.
Nella lista delle brutterie c’è poi da segnare un ritorno nefasto, quasi tragico: le espadrillas. Le scarpe più orrende della storia mondiale della calzatura: una suola in corda destinata a impregnarsi di sudore, e una vaschetta in diversi materiali destinata a perdere la forma al secondo utilizzo, fino a degradare a ciabatte, avete presente quando la parte dietro al tallone si ripiega all’interno così il piede è libero di stare mezzo dentro e mezzo fuori? Possibile obiezione: ma si possono lavare. Sì certo, ma hai idea dell’odore di cui si impregna la corda che compone la suola della espadrilla lavata? No? Te lo dico io. Cane bagnato. Praticamente è come se viaggiassi con due pastori tedeschi reduci dal diluvio universale, saldamente ancorati ai tuoi piedi.
Wow, veramente irrinunciabile, che se poi le abbini a una canotta e ad un jeans chiaro tagliato al ginocchio, ti trasformi all’istante in un venditore di cocco da spiaggia. Per la cronaca (nera, visti gli argomenti trattati) sono stati riesumati anche questi due capi: canotta e jeans tagliato al ginocchio. Sembravano spariti e invece li vedo fare capolino qua e là, la canotta a dire il vero si è un pochino evoluta ed è diventata una t-shirt senza maniche (ugualmente trucida, comunque) il bermuda di jeans che spesso viene a lei abbinato è quasi sempre troppo chiaro e troppo stretto con cintura in evidenza e ventrazza dell’indossatore che sovrasta sul tutto, già perché pare che la canotta piaccia aderente.
Manca giusto il marsupio, che per fortuna è ancora immerso nell’oblio, quindi non corriamo rischi inutili, non nominiamolo e lasciamolo lì dove è, anche se in negozio qualche nostalgico continua a chiederlo, nostalgico che indossa un caposaldo dell’abbigliamento estivo da uomo tanto di moda a fine anni Novanta, siete pronti? Squilli di trombe: il pinocchietto.
Che se c’è un capo in grado di trasformare all’istante in un idiota colui che lo indossa, è proprio il pinocchietto, quel pantalone che arriva a metà polpaccio, largo sul fondo che non dona a nessuno, perché quando vedi quelle due tibie secche secche mozzate a metà fare capolino dall’orlo del pantalone, non sai se metterti a ridere o a piangere (normalmente si ride se sono clienti, mentre si piange se sono parenti). Abbinati alla camicia a mezza manica e il sandalo compongono il look del neo pensionato in vacanza, togli la camicia, metti una maglietta, togli il sandalo e metti un mocassino, ed ecco a voi il look vacanziero del perfetto nerd. Togli maglietta e mocassino, metti canotta e ciabatta ed ecco a voi il tamarro perfetto. E il cerchio è chiuso.
Passiamo ora al rispetto della pubblica decenza.
Dal mio punto privilegiato di osservazione noto sempre più spesso signori che deambulano solo con il costume a slip una maglietta sdrucita e un paio di infradito: allora, niente da dire se sei in spiaggia e decidi di andare a prenderti una granita al bar, lo stesso look diventa imperdonabile se lo hai scelto come mise per farti una passeggiatina per le viuzze della località di vacanza di turno, per tanto belle che possano essere le chiappette messe in mostra, nonsi fa e basta. Domenica me ne è entrato uno così in negozio che per buona misura era pure scalzo, io non lo faccio apposta, ma mi parte il sopracciglio del disappunto e non posso fare niente per trattenerlo, e il fatto che il tizio in questione mi faccia pure notare che “sono in barca e in barca non uso scarpe” mi fa partire in automatico la risposta “ti pare forse che adesso siamo su una piattaforma galleggiante in mezzo al mare e devi fare ritorno a nuoto, ti sembro forse io la sirena di Ulisse?” -pensata e non detta per ovvie ragioni professionali- ma santo cielo, che motivazioni sono? Mettiti un paio di scarpe e basta, non solo per ragioni di stile, ma per ben più importanti ragioni igieniche….Che schifo!
Tolleranza zero: basta poco per essere curati, una polo e un bermuda per esempio; se poi ci aggiungi una bella doccia e una spruzzata di deodorante, con pochissima fatica raggiungiamo la perfezione. Lo stesso discorso vale per quelle signore e signorine che vanno in giro mezze nude mentre il buon senso e la decenza suggerirebbero loro di coprirsi un pochino.
In ultimo un piccolissimo appunto: anche se indossate delle comodissime infradito, evitate di strascicare i piedi come zombies, non si può nè vedere nè sentire, alzate i piedi e camminate come vi hanno insegnato.
Mi verrebbe da darvi uno quegli scappellotti che mi dava mia mamma quando mi trascinavo i piedi in giro per casa. Bam, qui secco dietro alla nuca, eccome se adesso cammino bella dritta alzando i talloni!
Ma li hanno dati solo a me? Boh, pare di sì…

“Smart tips for red lips”

Era da un po’ di tempo che covavo la voglia, sabato ho finalmente rotto gli indugi. E sono andata dritta alla meta.
Di cosa sto parlando?
Di un rossetto rosso.
Lo portavo quando avevo vent’anni e mi piaceva da morire, poi l’ho abbandonato in nome di colori più facili, e ora, a sorpresa, il ritorno di fiamma.
Avevo già tentato l’acquisto qualche settimana fa, ma una commessa un po’ troppo approssimativa e distratta mi ha fatto desistere. Già perché non puoi dire a una donna che ti chiede consiglio per acquistare un rossetto rosso che “intanto il rosso è rosso, uno vale l’altro”, esistono infinite sfumature di rosso: tendenti all’arancione, al viola, al rosa, più o meno pigmentate, più brillanti o mat, glossy o puro; e poi ti pare che io che sono rossa posso mettere lo stesso rossetto di una bionda o di una mora? E poi bisogna considerare il colore della pelle, degli occhi…insomma non è facile, ma quando lo trovi, è amore.
Amore che non vacillerà nemmeno quando vostro marito vi dirà “perché ti sei comprata un rossetto da prostituta?”, è un uomo, non può capire la sensazione che si prova a indossare un rossetto rosso scarlatto. Apprezzerà il risultato finale, e se non lo farà lui, lo farà qualcun altro. Preparatevi a non passare inosservate, il vostro sorriso lascerà il segno, ma per essere un vostro alleato ha bisogno di alcune attenzioni:se pensate di mettere un rossetto rosso così come date il burro cacao, per favore lasciate stare, il rischio di sembrare un clown è troppo alto.
Innanzitutto sfatiamo un mito: il rossetto rosso può essere messo anche al mattino, non è affatto vero che è un colore adatto solo dal tramonto in poi, certo bisogna stare un pochino attente a dosare tutto quello che gli sta intorno, ma se si fanno le cose a modo, il risultato sarà stupefacente.
E ora in sala trucco.
Prima di cominciare guardate l’orologio, se siete in ritardo, lasciate perdere e mettete il caro vecchio lip-gloss, tanto per essere chiari da subito: il rossetto rosso sta al lucidalabbra, come una notte di passione con tanto di preliminari sta a una botta e via. Ci vuole tempo e preparazione, nulla deve essere lasciato al caso, anche se il risultato deve sembrare casuale, siete talmente abituate a portare il rossetto rosso che ormai lo fate quasi senza pensarci. Ripetete questa frase fino a convincervene, o perlomeno cercate di essere convincenti quando lo dite alle amiche, colleghe e conoscenti colpite dal vostro look.
Regola numero uno: le labbra scarlatte necessitano di un incarnato perfetto, quindi armatevi di correttore, fondotinta, cipria, fard. Tutti devono avere il loro pennellino, ricordate:un buon risultato dipende in larga misura dall’attrezzatura e dai prodotti usati.
Bene, ora che avete una pelle di porcellana, passate agli occhi.
Regola numero due: è ammesso un solo punto focale. Se puntate sulle labbra, gli occhi devono essere APPARENTEMENTE quasi struccati. In realtà farete un trucco completo, solo che userete tinte nude, un filo di matita scura e mascara nero dato con mano sapiente una sola volta, per evitare l’effetto zampette di mosca (avete presente quelle ciglia rese spesse e dure da passate e ripassate di mascara? Ecco. Quello)
I vostri occhi devono far pensare a “L’età del l’innocenza” per intendersi… Il resto del lavoro lo farà il vostro sorriso.
E ora siamo pronte per le labbra.
Quando avete messo il fondotinta e cipria le avete stese anche sulle labbra, vero? Se sì brave, la base truccata scongiurerà che il rossetto se ne vada in giro per tutta la faccia. Prima una passata di base per rossetto, che non è il burro cacao, e nemmeno un gloss trasparente. Serve a idratare le labbra e a renderle morbide e lisce. Tamponate l’eccesso con un fazzolettino.
E ora lui. Le puriste usano un pennellino, io non sempre, ormai ho imparato a fare senza. Prima una passata veloce di colore e tamponate, i pigmenti rossi così facendo penetreranno nelle mucose, ora la seconda passata dal centro delle labbra verso l’esterno, fino ai bordi (a meno che non siete geishe e allora potete anche tralasciarli). Tamponate nuovamente e passate velocissimamente della cipria incolore, poi con lo stick picchiettate giusto il centro delle labbra. Finito!
Guardatevi allo specchio: le vostre labbra avranno quel l’aspetto che le francesi chiamano “lèvres mordues”, rosse ma chicchissime. Ora dimenticatevi di averle, le labbra, non mordicchiatele, non strofinatele l’una contro l’altra, altrimenti addio contorno perfetto, e non dimenticate che una ragazza veramente elegante non lascia la propria firma su tazzine e bicchieri, quindi quando bevete, prima passate con discrezione la lingua sulle labbra bagnandole leggermente: come per magia non lascerete traccia. Ma mi raccomando, con molta discrezione, altrimenti sembrerete solo delle ninfomani che lanciano messaggi osceni….
Coraggio allora, rompete gli indugi e puntate sul rosso.

Ora i consigli per gli acquisti: io sono andata sul classico Rouge de Chanel colore Passion, il rosso classico di Chanel, pieno, puro, tendenzialmente mat.
Per base ho preso il baume à lèvres della stessa marca.

Le bacchettate di Magda.

Una sola domanda: perché?
Spiegatemi che cosa può spingere una ragazza carina a indossare di sabato sera, per uscire con il fidanzato:
– felpa con cappuccio bianca
– pantaloncini da volley femminile (quelli che sembrano delle coulotte e hai mezzo sedere di fuori , il che spiega cotanto interesse dell’universo maschile per la pallavolo femminile)
– collant setificato in tinta pelle (quelli che usiamo un po’ tutte ma non lo ammettiamo nemmeno sotto tortura, e soprattutto: li copriamo con i pantaloni)
– scarpe da ginnastica o meglio, sneakers che fa più moderno, Adidas con strisce laterali blu
– maxi borsa tinta crema in simil pelle con appesi charms luccicanti
Allora cara mia, prima le notizie positive.
La prima è che il tuo fidanzato ti ama tantissimo, già perché un altro un pochino più stronzo (ma neanche tanto stronzo) ti avrebbe abbandonata sulla porta di casa per andare a spassarsela con gli amici. Così la prossima volta ti guardi allo specchio prima di uscire.
La seconda è che la tua autostima viaggia a velocità doppia rispetto alla media nazionale, e quindi stai che è una favola. Già perché nel tempo che la mia e la tua vita si sono incrociate, circa tre minuti mentre aspettavo che fossero pronte le mie pizze da asporto, tu hai raccolto gli sguardi di tutti i presenti (che non è necessariamente un bel segnale)senza dare il minimo cenno di cedimento o imbarazzo e per questo ti meriti un dieci e lode. E allora: perché non glorificare il tuo equilibrio emotivo invidiabile con un abbigliamento che sia se non proprio all’ultima moda (espressione antica, lo riconosco, ma efficace), almeno pensato? Andrebbe bene anche solo a grandi linee, senza entrare troppo in dettaglio. Una cosa basica, per intendersi.
Adesso passiamo alle brutte.
Ho provato a darti delle attenuanti:
Sarà appena uscita dalla palestra dove si è allenata massacrandosi che nemmeno Mimì Ayuara con le catene legate ai polsi arrivava a tanto. Ma questo non mi spiega il perché delle calze setificate, quindi non regge.
E poi dopo gli allenamenti ci si fa una bella doccia e ci si mette una tuta, e ci si cambia le scarpe, e si usano i calzini di cotone che altrimenti, con calza sintetica, scarpa da ginnastica e seduta di allenamento crei un mix esplosivo che tempo cinque minuti ti ritrovi i NAS sotto casa…e i piedi piagati. E guarda, spero non regga perché se così fosse, oltre a gravi problemi di gusto, avremmo anche dei gravissimi problemi di igiene personale, che è peggio (la sento la voce di Puffo Quattrocchi che ti ronza in testa? Solo che lui diceva “che è meglio” ma qui di meglio non c’è un bel niente).
Che se avessi due gambe pazzesche, al limite, sarebbe una spiegazione, non accettabile ma comunque una spiegazione, e invece niente, erano pure un paio di gambotte belle tornite, a cui un bel paio di jeans avrebbero reso giustizia, e invece niente.
Ho pensato: vista la giovane età magari si deve ancora formare il senso estetico e il gusto personale, magari è nella fase in cui si è convinte che basta mostrare gambe e sedere per essere strafighe, e su questo pensiero ho provato infinita tenerezza; magari non hai una sorella maggiore che vedendoti uscire così conciata, ti avrebbe inchiodata alla porta di casa obbligandoti a cambiarti d’abito, pena un sabato sera di reclusione.
Quindi vedi di non farlo mai più, neanche se stesse per andare in fiamme casa e i pompieri ti facessero evacuare, già perché se sei conciata così ti ci ributtano dentro al fuoco invece che salvarti…e sarebbe brutto, molto brutto da parte loro, quindi non corriamo rischi inutili.
Sai che ti dico, nel dubbio buttali quegli shorts che non li rimpiangerai mai e magari già che ci sei butta anche le scarpe…e la borsa: ooohh senti, butta via tutto e non pensiamoci più.

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Magda & a perfect wedding dress

E dopo “Magda mi vuoi sposare” a Magda ora serve un vestito da sposa…
Deciso con Furio la data, il posto e il fatto che non sarà una cerimonia per pochi intimi, ma piuttosto una festa in stile “Re Sole” (io sono un Leone e Luca un Ariete: il sottotono non è roba per noi), bisognerà quindi abbigliarsi in maniera adeguata.
Tanto per mettere le cose in chiaro da subito lui mi comunica che intende andare da Giorgio (Armani) e di farsi fare un abito su misura. Ecco, rischiamo di creare il precedente: la sposa messa in ombra dal look perfetto dello sposo. Non sia mai, a costo di emulare Rossella O’ Hara che in periodo di ristrettezze tirò giù una tenda e si fece un abito da sogno, anche il mio sarà un vestito memorabile. Andrò da Le spose di Giò, la massima espressione dell’eleganza in fatto di spose.
Telefono e fisso un appuntamento, la gentilezza della centralinista è paragonabile a quella di un caimano: fredda e distaccata, e io che me la immaginavo come una sorta di arcangelo con i boccoli dorati che con gioia fissa gli appuntamenti per entrare nel paradiso delle future sposine – alle volte avere una fervida immaginazione può essere deleterio- niente di tutto questo, ma non ce la farai mai a smorzare il mio entusiasmo. Cattiva!
Finalmente arriva il tanto agognato giorno: formazione al completo mamma, amica fidata, ovviamente io, e fratello in veste di autista così siamo sicure che a Monza ci arriviamo e pure in orario.
La signora Tiziana si occuperà di me e la sua missione sarà di dare vita al mio vestito da sposa. Mi guarda e mi studia in maniera chirurgica, poi sparisce e quando torna ha appesi al braccio una serie di campioni. Tutti dentro al camerino, tira una specie di sipario che, quando avrò indossato il vestito, lei stessa aprirà con un gesto teatrale e io mi esporrò al giudizio del pubblico non pagante. Primo abito: bocciato. Secondo abito: bocciato. Terzo abito: rinviato a giudizio. La situazione si complica e a dar man forte alla progressiva complicanza ci si mette mia mamma che ripete a gran voce che “secondo lei era più appropriato un bel tailleur beige. Perché sa signora, è il secondo matrimonio, il suo”dove secondo matrimonio e il suo sono sottolineati dieci volte e evidenziati in giallo.
Decido di ignorare i suoi commenti e pure mio fratello che per puro e gratuito divertimento le fa credere (mia mamma è una credulona pazzesca) che gli abiti che sto provando costano migliaia e migliaia e migliaia di euro, fino ad arrivare ad un fantomatico parametro di seicento euro a strato, combinazione mentre ne sto provando uno che è composto da circa sette/otto veli. Mia madre ha un sussulto e sono certa che se potesse mi prenderebbe per un braccio e mi porterebbe fuori dal negozio di peso, leggo la preoccupazione più nera nel suo volto…
Con la signora Tiziana disegnamo da zero come sarà il mio vestito: colore rosa, tessuto chiffon di seta e raso di seta, gonna del modello 3, corpino del modello 1, dettagli del modello 2. Già perché il bello di farsi un vestito da Le spose di Giò è che te lo fanno su misura da zero, e puoi scegliere tutto a misura del tuo gusto e del tuo portafoglio, perché volendo puoi comprimere i costi in maniera notevole scegliendo ad esempio uno chiffon in sintetico -vero è che quando decidi di farti una Ferrari, per risparmiare, mica te la fai fare con le lattine riciclate, allo stesso modo un abito da sogno, in tessuto sintetico, non sarebbe poi così tanto da sogno, con il rischio poi di trasformarsi in incubo se per disgrazia sfiori una candela, però sapere che esiste la possibilità di farlo è già qualcosa.
E ci vediamo circa sei mesi dopo, l’ultimo dei quali passato dalla sottoscritta a macinare chilometri su chilometri e a morir di fame, già perché la signora Tiziana mi ha invitato a perdere qualche chilo (altrimenti, signorina, dovremo ricorrere ad uno stringivita per far cadere bene l’abito), e io orgogliosa, gliene porto ben sette in meno.
Stavolta arriviamo con circa un’ora di ritardo, sbagliando strada più volte e ad accompagnarmi c’è Carmen, la nostra wedding-planner e le sue due assistenti armate di telecamera e macchina fotografica. Le altre signorine in prova (questa parola: signorina, mi sembra veramente vetusta, ma qui se ne fa un gran uso, “signorina si spogli” “signorina si sieda” “signorina di qua” e “signorina di là”) ci guardano con sospetto perché quando entriamo in boutique veniamo annunciate così “È arrivata la signorina Manuela con la sua wedding planner e le sue assistenti, accompagnatele nel camerino pronto per le riprese come richiesto” in realtà noi avevamo richiesto solo di poter filmare la prova del vestito, mica per fare chissà che…e per una volta sono io la stronzettina con la borsa firmata che sarà bersaglio delle critiche acide che normalmente faccio io. Pazienza, me ne farò una ragione, chi di acidume ferisce, di acidume altrui perisce. Entriamo nel nostro camerino, sipario e voilá, eccolo il mio vestito, bello esattamente come speravo dal momento che in realtà è la prima volta che lo vedo. C’è giusto da apportare qualche piccola modifica (bisogna stringerlo: EVVVAIIIII, stringivita? Tiè, beccati questa, non avrai il mio corpo).
Scegliamo scarpe (WOWOWOWOWOW) e accessori e ci vediamo fra un mese per l’ultima prova e poi il ritiro.
Al ritiro siamo solo io e Carmen, l’abito è perfetto, ogni singolo centimetro di stoffa cade esattamente dove deve cadere; la signora Tiziana ora mi impartisce lezioni su come salire e scendere dalla macchina, su come sedermi a tavola e camminare con addosso quel vestito – perché signorina noi desideriamo che i nostri vestiti siano indossati con grazia in modo da arrivare perfetti a fine giornata- le faccio notare che su come indossare un abito da sposa, vanto una certa esperienza, e finalmente ci facciamo tutte una bella risata liberatoria. Comunque sia: Signorsì signora, indosserò l’abito con grazia e eleganza, secondo le sue aspettative!
Sono emozionata e felice, la signora Tiziana invece è un po’ preoccupata perché la macchina potrebbe non essere abbastanza grande per trasportare il vestito, da notare che si tratta di una Mercedes classe A con i sedili praticamente divelti per fare più spazio possibile, per prudenza è stata anche fasciata con un lenzuolo bianco, per scongiurare eventuali macchie dalla premurosa mamma di Carmen che ci ha messo a disposizione il mezzo.
Baci, abbracci e assegno firmato. L’abito è deposto come fosse una sindone in macchina e raggiungere casa.
Mi dispiace Luca mio ma la più bellissima quel giorno sarò io: avvisa Giorgio, dovrà darsi un sacco da fare.

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Origliando i discorsi degli uomini

A lezione di donne …..ma dagli uomini.
Avete mai provato a parlare di donne con degli uomini?se non lo avete mai fatto, fatelo subito, perché è una vera e propria rivelazione.
Scoprirete che un buon tre quarti delle menate che ci facciamo noi sono completamente inutili, e cose a cui non facciamo nemmeno caso, si rivelano essere, invece, fondamentali.
Rivelazione numero 1) non rimaneteci male se il vostro lui non si accorge che siete appena state dal parrucchiere, vi è costato un patrimonio e un pomeriggio di permesso dal lavoro. Non lo fa per cattiveria, è che lui non lo vede proprio se avete cambiato in un colpo solo taglio, colore e piega, il suo sistema neurologico non è tarato per queste cose, lui vede voi con i capelli nuovi ma gli occhi non mandano nessun impulso al cervello, e più voi vi piazzerete davanti a lui, come a dire “guarda… Ti piaccio? Come sto?” più si formerà dentro di lui quel senso di disagio di chi sa che sta avendo qualche mancanza, ma non sa proprio quale. Morale della storia: litigherete, perché voi gli sbatterete in faccia la vostra verità: che non vi guarda, che non vi considera, che NON VI AMA, mentre lui, poveretto, cercherà di giustificarsi per evitare che sulla sua fedina penale venga scritto l’orrendo crimine “non si è accorto che la sua compagna/moglie/fidanzata è stata dal parrucchiere”. Siate obiettive: non è così grave. Soluzione: invitate una vostra amica per un caffè, lei si accorgerà subito del cambiamento, anche se avete solo accorciato la frangia di qualche millimetro.
Rivelazione numero 2) del make-up e della sua inutilità. Del tutto superfluo, ancorché fastidioso…già care mie, provate voi a baciare due labbra tutte piccichelente di lucidalabbra e poi vediamo.
Anche se io a onor del vero, in viaggio di nozze, dopo tre giorni completamente struccata, il mio adorato neo marito mi ha così apostrofato “però, un filino di trucco, mettilo va’” della serie “l’amore è una cosa meravigliosa”. Però è vero, agli uomini non piacciono: troppo trucco, troppe unghie (gel, glitter, decori e compagnia cantando), troppa messa in piega…insomma avete capito, tutto ciò che è troppo non va bene.
Rivelazione numero 3) pizzi e merletti. Anche no grazie. Per me è stato uno shock, ma a loro non gliene importa un fico secco di guêpière, reggicalze, baby doll e affini; come ha detto una volta la mia saggia amica Manuela “per loro è solo la carta intorno alla caramella, l’imperativo è arrivare a toglierla, non contemplarla”.
Rivelazione numero 4) delle gattemorte. Ossia quelle ragazze un po’ languide, secche secche, con lo sguardo annoiato, quelle che “il mondo è troppo piccolo per me”, riconoscibili perché sempre super tirate, assumono l’aria da dive per autocertificazione. Posso essere un po’ scurrile? Grazie. Quelle che pensando (tra l’altro erroneamente) di avercela solo loro, a priori si atteggiano a pantere e poi invece “ma per chi mi hai preso?” Scartate a priori. Zitelle ad honorem.
Rivelazione numero 5) delle aggressive. Semplicemente sono le gattemorte con qualche hanno in più. Amano il maculato in genere, che agli uomini fa senso, sono super-abbronzate tutto l’anno, sono in genere troppo-tutto: troppo scollate, troppo scosciate, troppo truccate, volgarotte. Non sono ancora riuscite a capire che “fare colpo” non è sinonimo di piacere. Raramente vanno oltre il primo appuntamento. E si dannano l’anima cercando di capire il perché: guardatevi allo specchio, santo cielo!
Rivelazione numero 6) la pantera del ribaltabile. Piacere piace, eccome; il suo dramma è che per attitudine si autocandida al ruolo di amante, o passatempo, non di compagna a lungo termine e già, anche agli uomini ogni tanto piace parlare e come in tutte le cose: il troppo stroppia. Fatevi una doccia gelata.
Rivelazione numero 7) quelle sempre a dieta. Mettetevi nei loro panni: organizzano una bella seratina, ristorante giusto, atmosfera, cenetta occhi negli occhi e voi che fate? Ordinate un’insalata e un bicchiere d’acqua. Complimenti, vi state scavando la fossa da sole perché non c’è niente di più innervosente che invitare una ragazza a cena per poi di fatto cenare da solo con davanti un coniglio che rosicchia insalata. Invecchierete magre come grissini e sole. Contente voi.
Rivelazione numero 8) della luce e sue ripercussioni. Cose che piacciono agli uomini. E qui è meglio andare piano, l’argomento è delicato. Cosa intendiamo per luce? Allora, dicesi luce quando, guardando da dietro una ragazza, le sue chiappette sono così toniche sode che dal cavallo dei pantaloni si crea un vuoto, da cui appunto passa la luce. Tutto chiaro? Tranquille solo una su mille vanta un simile requisito, con buona pace nostra e dei nostri uomini… Devo dire che su questo argomento si sono veramente infiammati tutti. Boh, fate voi, se volete massacrarvi di squat in palestra, si può provare a riportare la luce laddove ora regnano le tenebre più scure. Ci penserò su…
Rivelazione numero 9) la luce sta anche nel sorriso e nello sguardo. Agli uomini piacciono le donne allegre, solari, positive, che sanno stare allo scherzo e che non si offendono per ogni cosa. Quelle donne che non si nascondono dietro a troppi travestimenti, che sanno essere femmine ma anche un pochino maschiacci, che sono forti quando occorre, ma che ogni tanto hanno bisogno di protezione (al limite fingete di essere deboli, funziona lo stesso). Quelle donne che non vedi l’ora di presentarle agli amici, non perché te la invidieranno, ma perché anche loro vedranno in lei tutto il bello che hai visto tu.
Rivelazione numero 10) l’elogio della normalità. Agli uomini normali piacciono le donne normali, e viceversa. Dopo caraffe di sangria, taniche di spritz, fiumi di mojito e bottiglie e bottiglie di vino siamo giunti tutti a questa conclusione. Forse un po’ banale, ma così è.
Siate normali, sarete eccezionali.

“Magda, mi vuoi sposare?”

Dimonds are a girls best friends…
Maggio il mese delle rose, il mese della festa della mamma e il mese dei matrimoni.
Ma facciamo qualche passo indietro, già perché prima di arrivare al fatidico sì, bisogna compiere un altro step assolutamente necessario. Infatti conditio sine qua non di un matrimonio è che qualcuno vi abbia chiesto di sposarlo. Altrimenti ciccia…
Come ve lo hanno chiesto? O in alternativa, come vorreste che ve lo chiedessero? Oppure basta che ve lo chiedano non vi importa nulla del come?
Personalmente sono una classicona e credo che niente possa competere con la sempreverde scatolina di velluto che al momento giusto il vostro fidanzato aprirà davanti ai vostri occhi e con fare un poco impacciato vi chiederà “mi vuoi sposare?” Aaaaahhhah (è un sospiro trasognato) che bel momento!
E non provate a fare le dure e pure e dire “oh no, a me non me ne frega niente” “uuuhhh, i diamanti che schifo, sai con quei soldi quanti viaggi ci facciamo?” ” a guarda, l’amore non si misura in carati”. Se fate vostra anche solo una di queste affermazioni (che comunque hanno tutte un innegabile fondo di verità) la spiegazione è semplice: o non ve lo hanno ancora regalato, o ve l’hanno regalato ma non era in nessun modo degno di nota.
È vero, l’amore non si misura in carati, ed è altrettanto vero che può rappresentare un certo investimento economico per il nostro fidanzato, ma se lui ha deciso di regalarcelo, perché noi dobbiamo auto-boicottarci?
Vi sia di monito l’esperienza di mia mamma.
Correva l’anno 1978, mio papà aveva deciso di regalare a mia mamma una riviera di brillanti senza nessuna ragione in particolare (mio papà era un romantico estemporaneo), beh aprite bene le orecchie: mia mamma ha detto “ma no, grazie, Angelo prende la Comunione, preferirei spendere quei soldi per sistemare casa” e ha barattato la riviera di brillanti con della tappezzeria. Epilogo: casa tappezzata in ogni dove (che francamente, se ne faceva pure a meno) della riviera si sono perse le tracce, da quel giorno credo che il regalo più romantico che mio padre abbia fatto a mia mamma sia una lavatrice e mia mamma si mangia le mani ancora adesso.
Mi sembra che il concetto sia chiaro.
Proseguiamo.
Ci sono poi altre ragazze che sostengono che regalare un brillante sia ormai terribilmente fuori moda, posto che certe cose non passano mai di moda, queste ragazze sono le stesse che poi sono diventate improvvisamente mancine proprio da quando l’obsoleto anello di fidanzamento gli è stato in seguito regalato: salutano con la sinistra, si sistemano i capelli con la sinistra, gesticolano solo con la sinistra, tutto con la sinistra. Per favore, se vi capita di incrociarne una, liberatela dall’incantesimo, fatele le congratulazioni e i complimenti per la bellezza dell’anello e come per magia ricomincerà a usare di nuovo anche la mano destra.
Quanto a quelle “a no guarda, a me non me ne frega niente”, io le catalogo nel fascicolo “la volpe e l’uva” perché puoi essere anche la più selvatica del Creato ma il momento in cui il tuo fidanzato ti prende la mano e ti mette l’anello al dito e ti chiede di sposarlo, è così intimo, romantico e delicato che il cuore fa tre o quattro capriole, batte due colpi a vuoto e ci mette un pochino di tempo a tornare ai valori normali. È un momento indimenticabile.
Io ho pianto come una fontana, avevo la febbre ed ero in pigiama, ma non importa, è stato tutto pefetto…a parte il fatto che Furio per rendere il tutto più gustoso ha voluto che aprissi da sola la cassaforte dove lo teneva nascosto, e io quella maledetta non riesco ad aprirla nemmeno quando scoppio di salute e sono tranquillissima…figuratevi quanto ci ho messo quel giorno, con la febbre a 38 e con le idee poco chiare circa quello che stava accadendo. Tre giri in senso orario, numero, due giri al contrario, numero, un giro orario e taaaac: no niente, riprova. Allora, dunque, tre giri in senso antiorario, no orario, ma forse prima due, centra il numero giusto altrimenti non prende la combinazione. Riprova. Ririprova. Riririprova. E lui che rideva garrulo. Ma a costo di smurarla con un flessibile o farla brillare con una piccola carica di esplosivo, ce l’ho fatta. Abbracci, baci e telefonata alla mamma.
E questa ve la devo raccontare bene perché merita.
“Pronto mamma? lo sai che Luca mi ha regalato l’anello di fidanzamento e mi ha chiesto di sposarlo?” Lei serafica “bene, e tu cosa gli hai risposto?” Io incredula “beh, che domande, gli ho risposto di sì” Lei allarmata “Manuela…di nuovo? Dobbiamo di nuovo organizzare tutto l’ambaradan?” E tanti ringraziamenti per l’incoraggiamento…
Abbiamo stappato una bottiglia di champagne che conservavamo apposta per un’occasione speciale e ci siamo fatti la pasta al pomodoro cenando a lume di candela, lui in tuta e io in pigiama malata. Unforgettable.
E ancora adesso ogni tanto mi incanto a guardarlo, ma non perché brilla ed è bello, ma perché rivivo quella giornata, quando di fatto non è cambiato niente, ma nulla è stato più come prima.

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Magda e Furio e una Comunione al lago

Dove eravamo rimasti?
Ah, sì ora ricordo.
Dunque, dopo aver passato tre quasi quattro magnifiche ore a vagare nel favoloso mondo del Vittoriale ci è venuta fame e, altro fatto non del tutto trascurabile, c’era un sole che spaccava le pietre e Furio stava cominciando a dare segni di insofferenza… E anche io.
Ci infiliamo nelle viuzze del borgo antistante al Vittoriale alla ricerca di un ristorante non troppo turistico, dove mangiare un boccone.
Evitiamo i primi due, troppi turisti seduti…procediamo.
Arrivati ad uno slargo c’è un ristorante che fa anche albergo con un menù interessante e un nome che è tutto un programma: “Trattoria degli angeli”, decidiamo di entrare. Che il nome forse sia ispirato dalla gentilezza delle persone che ci lavorano? mi dimentico sempre del fatto che non siamo in Liguria e quindi essere gentili è normale…
Ma non è di questo che vi voglio parlare. Ho cose ben più interessanti da dirvi, infatti nel ristorante c’era il pranzo per festeggiare una Comunione e gli invitati sembravano arrivare direttamente dal festival dei Freak.
Valutiamo le attenuanti generiche: la moda e lo stile sono, se vogliamo, questioni di gusto personale, ognuno ha il proprio senso estetico, e quello che per me, è bello agli occhi di qualcun altro può essere orrendo (e viceversa).
Però….
Però non puoi andare ad una Comunione in t-shirt nera aderente, jeans e scarpe da ginnastica soprattutto se tua moglie è agghindata pronta per un invito a Ascot con abito super griffato e sandalo gioiello.
Metti che la moda lacustre è diversa da quella della Riviera Ligure ma l’insieme di un altro invitato: pantalone blu chiaro con cavallo sotto-chiappa, blazer corto corto blu scuro, camicia bianca e sneakers nere, secondo me era un po’ sconclusionato e poco importa se hai forse vent’anni, la crestina fatta con il gel è truzza.
A confondere ulteriormente il quadro c’erano signore che sembravano pronte per andare a fare la spesa accompagnate però a signori in completo grigio, ragazze scosciate e scollate sedute di fianco ad una signora musulmana con tanto di velo (bello a dirla tutta) e tacchi a spillissimo che sembravano dover cedere da un momento all’altro schiacciati dal peso di una figura tutt’altro che esile.
E ora alcune cose ho notato, decisamente da evitare:
Anche se sono due morse infernali mai mai MAI sfilarsi le scarpe una volta sedute a tavola. Pensiamo di averla fatta franca, nessuno noterà mai i nostri piedini. Errore: chi è seduto alle nostre spalle lo noterà. Ed è brutto da vedersi, molto brutto.
Se non siamo dotate di caviglie esili esili, evitiamo di ostinarci a comprare sandali con lacci alla caviglia, il risultato è sconfortante, infatti le nostre caviglie sembreranno ancora più grosse costrette dentro a cinturini troppo stretti (ricordate che le caviglie con il passare delle ore tendono a gonfiarsi un pochino). Scongiurerete anche il rischio di una feblite, vi pare poco?
Mai indossare un vestito senza reggiseno, soprattutto se Madre Natura con voi è stata particolarmente generosa. Se poi il vestito in questione è rosso e troppo corto, i sandali troppo alti e voi non sapete portarli e quindi camminate tutte sbilanciate in avanti, non è che sono io a essere troppo acida, siete voi che ve la siete cercata.
Quando comprate dei sandali, mentre li provate, sinceratevi che la forma sia adeguata al vostro piede. Mi spiego meglio: i mignolini devono stare dentro la scarpa e non cercare vie di fuga laterali, che se poi per disgrazia la trovano non c’è niente di peggio che vedere due bei sandali con il mignolino che sbuca fuori come la testina di un gatto che si sporge dalle ringhiere di un balcone.
Sempre sulle scarpe: già le scarpe con il plateau sono brutte, se poi le scegliete in tinta fluo e plateau alto una spanna e le abbinate ad un vestito sempre troppo corto, non rimaneteci male se anche vostra mamma fa finta di non conoscervi se vi incrocia. C’est la vie.
E per concludere, l’accessorio da cerimonia per eccellenza: la stola.
La colpa è nostra, tutta nostra di noi commesse (sì, mi ci metto dentro anche io perché ho lavorato per un marchio femminile molto in voga quando si tratta di cerimonie)che con subdola mano sapiente e allenata vi cingiamo le spalle con stole che poi annodiamo con fantasia creando volumi e giochi di intreccio oggettivamente belli, peccato che siano praticamente non realizzabili da ogni altro comune mortale e poi al primo accenno di movimento crolla tutto. Il risultato? A metà festa tutte le invitate stola-munite sembra che abbiano uno strofinaccio da cucina legato intorno alle spalle, in alternativa, uno straccio per la polvere ammucchiato sulla sedia e le più disinvolte si renderanno detestabili sbattendola in faccia a tutti gli invitati nel vano tentativo di rimetterla al suo posto. Date retta a me: fate un bel mucchio delle vostre stole e poi dategli fuoco, non avete perso niente.
Per chi se lo stesse domandando: abbiamo mangiato divinamente, coccolati da personale gentile e sorridente, spendendo una cifra più che corretta.
Voto al ristorante 10 e lode.
Voto agli invitati: mmmmmhhhhh, lasciamo stare ( ma grazie perché ci avete fatto divertire un sacco)

Fine seconda parte.