Cose da fare a Le Taha’a

In ordine sparso:
Fare il pranzo di Natale con pesce crudo, cocco, ananas sorseggiando un cocktail
Dormire con tutte le tende aperte per essere i primi a vedere sorgere il sole
Fare il bagno dal proprio pontiletto MENTRE sorge il sole
Dimenticarsi l’esistenza del phon asciugacapelli
Dimenticarsi che esiste uno strumento che si chiama orologio
Dimenticarsi parole come: E-mail, Sms, Facebook, cellulare
Passeggiare senza meta mano nella mano
Giocare con i granchi
Scottarsi con il sole
Raccogliere conchiglie
Vedere arrivare la “bassissima marea”
Mettersi un fiore appena colto fra i capelli
Commuoversi davanti a un tramonto
Essere i soli due italiani in tutta l’isola
Parlare inglese, francese e polinesiano
Guardare arrivare un acquazzone tropicale
Fare il bagno DURANTE l’acquazzone tropicale
Eccitarsi come bambini vedendo una famiglia di mante passare a un metro da te
Bersi una birra al bancone del bar della piscina con il sedere a mollo
Bensi una birra nel patio del bungalow ridendo come scemi
Bersi una birra nel patio del bungalow sotto il diluvio ridendo come scemi
Fare snorkeling in un metro d’acqua
Fare snorkeling in un metro d’acqua con i pesci che ti circondano perché hai del pane per loro
Fare snorkeling in un metro d’acqua assediati dai pesci che ti mordicchiano le mani dove tieni il pane
Scattare mille foto sapendo benissimo che 950 verranno cancellate
Ordinare da mangiare senza sapere con precisione cosa stai ordinando
Fare commenti sugli altri ospiti dell’hotel e ridere a crepapelle tanto loro non capiscono l’italiano
Cercare una fantomatica foresta di mangrovie, non trovarla e farsi divorare dai mosquitos
Ridere ridere ridere
Abbracciarsi abbracciarsi abbracciarsi
Essere felici felici felici

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Tahiti e Raiatea

Ancora con gli occhi pieni e il cuore gonfio delle meraviglie dell’Isola di Pasqua ( andateci andateci andateci), ci prepariamo a vivere la parte relax del nostro viaggio. All’aeroporto di Hanga Roa conosciamo Andrea un ragazzo di Ancona che viaggia da solo e fa un giro simile al nostro, lo incontreremo probabilmente di nuovo sul volo per Aukland. Vi faremo sapere.
Il viaggio per Raiatea si divide in due tranches: Hanga Roa- Papeete, Papeete-Raiatea. Sulla prima parte niente da raccontare, ma sulla seconda…dai su, cominciamo.
Dentro all’aeroporto incrociamo il secondo ubriaco tirato giù di peso dall’aereo del nostro viaggio, però stavolta è poco di più che una bambina, shorts fucsia e top giallo, due codini con elastici colorati e un faccino che stride miseramente con il suo stato di pesante ubriachezza. A un certo punto crolla sui divanetti nella sala d’aspetto del gate per gli imbarchi, scomposta e sgangherata come una bambola di pezza, quando la hostess la va a svegliare, dopo aver chiamato più volte il suo nome al microfono, la accompagna sull’aereo e tempo un minuto, le vediamo tornare indietro…niente aereo per lei oggi.
Partiamo da Papeete con quella che è a tutti gli effetti una corriera con le ali, sotto una tempesta di pioggia, vento, fulmini e saette, ci sono alternative? No. Appunto, saliamo.
All’orizzonte si vede che il cielo si sta rasserenando (ma poco), il tempo di prendere quota e dobbiamo fare la prima fermata: Moorea. Noi scendiamo alla prossima. L’aeroporto di Raiatea è da morire dal ridere, praticamente una striscia di terra disboscata e un garage a uso arrivi e partenze. Ma è il ritiro bagagli la vera perla: una saracinesca si alza e su un trespolo uguale a quello che nei supermercati si usa per mettere le cassette di frutta e verdura, in tempo reale, un omino prende le valige dalla stiva dell’aereo e le ce le appoggia sopra, tu prendi le tue e te ne vai.
Dopo un’ora di corriera con le ali, ci tocca mezz’ora di motoscafo, ma qui la musica comincia a cambiare: poltroncine in pelle bianca imbottite, equipaggio in divisa linda e lustra… mmmmhhhh, interessante…
A farla breve: arriviamo in Paradiso, e qui mica ti danno una collana, no no, cari miei, qui siamo passati diretti all’upgrade, una corona di fiori e foglie. Mi piace e mi adeguo. Ci viene offerta una bibita rinfrescante (sempre meglio) e una salvietta fresca imbevuta di una soluzione con un profumo paradisiaco (sempre sempre meglio). Incaricato della nostra accoglienza è Manuel detto da noi “o femminiello” inutile che vi spieghi il perché… vi do un indizio: un fiore nei capelli e un parlare tutto mellifluo e smielato (scopriremo poi però, che qui tutti parlano così… Sembrano rincretiniti, ma è bello) e la manina sempre a mezz’aria. Comunque è adorabile. Ci incamminiamo sul pontile da cui si diramano gli ingressi ai bungalow, il nostro è l’ultimo in fondo, davanti a noi solo il mare. Un posto fantastico, non si può aggiungere altro. Il nostro pontiletto privato per fare il bagno, il nostro patio privato per stare soli al fresco, il nostro solarium privato per prendere il sole come ci pare, e poi la perla: un oblò ai piedi del letto con un vetro apribile da cui possiamo guardare il fondale marino senza scomodarci, ovviamente privato pure questo.
Siamo ufficialmente insigniti della carica di Honey Mooners, a suggellare la cosa troviamo in camera un cestello di ghiaccio con champagne e cioccolatini, fuori si scatena un acquazzone pazzesco, noi ce lo godiamo dalla nostra finestra con vista sulla baia.
Benvenuti in Polinesia.
Maururu
(che vuol dire grazie in polinesiano, e per dirlo alla loro maniera, bisogna pronunciarlo con la stessa inflessione con cui Tosca Daquino ne “il ciclone” nella scena del ristorante dice “piripiiiii” – ecco bravi, avete capito, ora mettete pure giù la manina).