A’ la guerre comme à a la guerre (tutto al femminile però)

E voi vi siete mai chiesti se un giorno tutti, ma proprio tutti, ci svegliassimo e fossimo le persone più sincere della Terra? Cosa accadrebbe se trovassimo il coraggio e la spontaneità di dire a tutti i nostri conoscenti quello che realmente pensiamo di loro e quello che sappiamo che altri pensano sempre di loro? Se tutti gli omissis, i non detti, i sottintesi, venissero magicamente a galla? Si salvi chi può…

Perché mi è venuto questo pensiero bislacco? Semplicemente perché stamattina, in piscina, mentre mi cambiavo per tornarmene a casa, ho assistito al più feroce degli attacchi verbali, un bel due contro una, senza risparmiare nemmeno un affondo; peccato solo che la “una”, ossia la destinataria di tutto quel livore, non c’era.

Era una sfuriata di questo tipo.

“Ma io la prossima volta glielo dico e la sistemo”

L’amica solidale “e allora io le dico anche che….”

“ahh, sì sì, quando la becco, allora io le dico questo, quello e quest’altro….”

L’amica sempre più solidale “perché poi lo deve capire che deve piantarla”

Fino ad arrivare alla lapidaria conclusione “quando non c’è si sta meglio”

Il chi, il cosa e il quando e soprattutto il perché, non ci è stato concesso saperlo, e soprattutto la destinataria delle invettive non lo saprà mai perché, le due pasionarie che si sono incendiate come la santa Barbara di una base militare appena bombardata, si guarderanno bene dal metterla al corrente circa l’ira funesta che il suo comportamento ha il potere di scatenare in loro.

Misteri dell’universo femminile. Potremmo chiamarle “le battaglie sottintese”, situazioni in cui io so benissimo il motivo per cui ce l’ho con te ma mi guardo bene dal mettertene al corrente,  altrimenti finisce la guerriglia e ci toccherebbe comportarci da adulte affrontando e risolvendo la cosa. Impossibile. In questo modo salterebbe tutta la rete fittissima e indistricabile di alleanze, comunelle, campanilismi, schieramenti occulti, un disastro incalcolabile, roba da far esplodere tutta la rete telefonica e il traffico dati dell’intero pianeta. Meglio di no.

Prima chiediamo l’amicizia, poi la togliamo, e poi la richiediamo e poi siamo come sorelle, poi ci confidiamo anche quante volte respiriamo, poi il meccanismo dell’amore si inceppa e, da “migliore delle migliori delle più magiche delle ma come ho fatto prima senza di te di tutte le amiche che potevo desiderare la mia preferita sei tu” si passa a essere di colpo “public enemy number one”. E nel dubbio, come prima controffensiva, ti blocco il contatto su Facebook. Non ti sfiora nemmeno il sospetto che ti stai comportando da matta bipolare, nemmeno quando racconti a  tuo marito, con una snervante dovizia di particolari, incisi, apri parentesi che poi regolarmente non chiudi, facendo divagazioni funamboliche che a lui esce il sangue dal naso dallo sforzo che fa a seguire il tuo farneticante racconto, e quando arrivi in fondo, con la gola secca e gli occhi fuori dalle orbite, pronta a incassare il tuo legittimo “hai ragione tesoro, la dobbiamo uccidere”, lui ti guarda incredulo e ti dice candidamente “e quindi? dove è il problema? vai a prendere un caffè con lei e chiaritevi”….

E che cavolo: noooo!! E’ evidente che tuo marito è un tanto pessimo quanto inutile alleato in questa lotta fratricida, gli metti il telecomando in una mano e una birra nell’altra e lo lasci lì, lui e i suoi metodi saggi. E’ arrivato il Mahatma Gandhi de noartri, ora è il momento di combattere, non di ragionare e risolvere. Chiami, anzi no, scrivi un messaggio nel gruppo whatsapp delle amiche carbonare, che è un po’ come lanciare una molotov durante una manifestazione pacifica e tranquilla: è subito guerriglia urbana. Ora sì che c’è soddisfazione. Improvvisamente parte una pioggia di aneddoti, manco a dirlo, tutti pessimi e negativi, che hanno come protagonista la super cattiva da combattere.

“eh, ma io lo dicevo che non c’era da fidasi”

“ma vi ho mai raccontato di quella volta in cui…”

“e sì..e già…e quella volta che ha detto, e quella volta che ha pensato, per non parlare di quella volta che ha respirato…”

E alla fine arriva l’insindacabile sentenza: “una stronza con la patente”. Salvo poi farle dei grandi, grandissimi sorrisi quando la stronza con la patente, ignara di tutto il livore della circonda, e soprattutto ignara del perché di tanto odio, si comporta con tutta la setta come se niente fosse. Come ci si comporterebbe fra sani di mente insomma. Ma la parte divertente arriva quando la stronza con la patente, (che chiameremo d’ora in poi SCP per comodità d’uso – n.d.r), subodorando le sordide trame ordite alle sue spalle, chiederà se c’è qualcosa che non va…. Ovviamente va tutto bene, un coro unisono che nemmeno la cara Mariele Ventre è mai riuscita a farlo intonare allo Zecchino d’oro di tutti i tempi “ma, nooo, ma cosa dici, va tutto benissimo tesoro”.

Nel frattempo, nel gruppo whatsapp carbonaro…

“Però sia chiaro, io sono stata zitta, però ce l’avevo sulla punta della lingua quello che penso di lei”

“Guarda, io mio sono masticata la lingua mille volte”

“Ma tanto io prima o poi glielo dico in faccia”

“Ma chi si crede di essere, viene a chiedere se c’è qualcosa che non va….che coraggio”

“E’ proprio senza vergogna”

“Certo che se gliele dobbiamo anche spiegare le cose che fa”

“E’ una stronza falsa”

“Ma sì, lei non è come noi che le cose ce le diciamo in faccia senza paura”

“Noi siamo oneste e sincere, Noi”

“Il punto è che a me quando una persona mi delude, non ho il coraggio di dirglielo in faccia da quanto è grande il dispiacere, e lei, mi ha proprio deluso. Però alla prima occasione la metto alle strette e vedrà contro chi si è messa”

…seeeee lallero…

 

 

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