Santa Margherita Ligure è in stato di assedio, in questi giorni si svolge l’annuale congresso dei giovani industriali di Confindustria, o meglio “il congresso annuale dei figli di papà” , perché se questi giovanotti che avranno al massimo 30 anni rappresentano la realtà imprenditoriale italiana, tenendone in mano le redini, qualcosa non mi torna.
Sembrano più che altro degli studenti in gita, non fosse per l’abito grigio di ordinanza e il pass appeso al collo, esibito con immotivato orgoglio, già perché non mi volete mica far credere che siete tutti dei self made men? Molto più semplicemente siete stati molto fortunati a nascere nella famiglia con il cognome giusto, quindi non prendiamoci in giro.
Sono certa che in Italia ci siano delle eccellenze imprenditoriali, e sono altrettanto certa che chi lavora veramente, non viene a farsi un week-end a Santa Margherita a parlare di niente e a risolvere ancora meno atteggiandosi come se tutti fossero gli artefici di un ipotetico nuovo “miracolo italiano”, anche perché stiamo ancora aspettando l’esito del primo.
Ma la cosa che più di tutto mi lascia perplessa è l’atteggiamento di questi individui, che definire pieni di boria è comunque riduttivo.
Vado con l’aneddoto? Ok, vado.
Ieri il ristorante di fianco al negozio, qui a Portofino, aveva un tavolo di sei di questi “giovani imprenditori” quattro ragazzi e due ragazze, il più grande avrà avuto forse trent’anni, e tralasciando il maleducatissimo gesto di costringere tutto il personale ad aspettare i tuoi comodi fino alle quattro del pomeriggio, quando tutti gli altri tavoli sono stati sgombrati e intorno a voi non c’è nessuno, a farmi alzare il pelo è stato il modo con cui si rivolgevano alla signore che servivano ai tavoli (tra parentesi: una è la proprietaria del ristorante, quindi sei doppiamente sfigato). Davano loro del tu, non le guardavano negli occhi quando si rivolgevano a loro, mai un grazie e mai un sorriso. Cafoni con la patente e il certificato di autenticità. Imbarazzanti.
Quando si sono alzati, ovviamente non hanno ringraziato, ovviamente per pagare ci hanno messo un secolo perché il Pos sputava indietro le carte di credito (mi vuoi forse dire che papà non ti ha fatto l’accredito della paghetta?) e ovviamente hanno finto stupore -ma come siamo gli ultimi?- hanno chiesto dove fosse la boutique di Louis Vuitton e si sono avviati con le loro camicie azzurre che spiccavano fra le mise turistiche che avevano intorno.
Sorvoliamo sul look delle signorine, ne parleremo poi a parte con un post dedicato a loro. Quello che mi preme adesso è la mancanza di educazione, stile e classe. Un imprenditore dovrebbe conoscere il valore del lavoro e quindi rispettare quello degli altri, o sono io che sbaglio?
Dovrebbe trattare con gentilezza tutti, dovrebbe conoscere le buone maniere o non gliele hanno insegnate? A maggior ragione se consideriamo che ha avuto la fortuna di frequentare le migliori scuole e i salotti buoni dell’economia nazionale.
Non dovrebbe lanciare uno sguardo del tipo “ti piacerebbe eh, venire via con me?” alla commessa sulla porta del negozio che ti sta guardando -io- ma non sai cosa pensa, meschino, altrimenti faresti il giro largo…
Mi sono sentita a disagio per loro, ancora evidentemente ancorati al luogo comune che se guadagno più di te, allora valgo anche più di te, e allora posso dire e fare ciò che voglio. Menti piccole i nostri giovani imprenditori e non sarà certo uno stupido convegno in una ridente località della Riviera ad allargarle e a far si che qualcosa in questo Paese cambi.