Gerusalemme, città da veder con gli occhi e con il cuore

Della crociera si diceva, prima che mi travolgesse un’onda anomala di romanticheria.

Sono rimasti tragicamente indietro due dei quattro post che vi avevo promesso, quindi mettiamoci sotto.
Il giro che fa la Costa Pacifica si concentra soprattutto su uno scalo in particolare Ashtod, porto da cui raggiungeremo Gerusalemme, città affascinante sotto molteplici aspetti, vi piace la storia contemporanea? lì potete fare il pieno, vi piace la cultura religiosa? lì ne avrete da togliervi la voglia, vi piace semplicemente vedere un posto straordinario? questo è il posto che fa per voi.
Ma, c’è sempre un ma. Se decidete di andare all’avventura da soli, credo che dobbiate fare una serie di visti e permessi tale che, con ogni probabilità, vi passerà la voglia prima di partire, se invece come noi due, decide di farvi scarrozzare pigramente da una nave dotata di ogni confort, sappiate che, come più ci si avvicina alle coste di Israele, più il vostro status di crocerista italiano in vacanza perde miseramente di importanza. Esercito a bordo per controllare tutti i passeggeri “face to face”, e tutti vuol dire circa 2800 persone che suddivise in gruppi, sfileranno davanti a loro i quali, passaporto alla mano (che avrete consegnato al personale di bordo al momento dell’imbarco) controlleranno che voi siete proprio voi, e badate a non fare troppo gli spiritosi, a non assumere un atteggiamento di sufficienza o scocciato, perché se si indispettiscono, non vi rilasciano il visto per sbarcare e voi ve ne rimanete a bordo a frollare dentro la piscina. E mettetevi il cuore in pace, non si discute con loro.
Ma non è mica finita qui. Avete finalmente ottenuto il visto, arriva il momento di sbarcare, praticamente la popolazione di una cittadina intera si prepara a scendere, ad attenderci decine e decine di pullman, io ne ho contati 27, poi ho perso il conto, tutti ci dirigiamo verso il ponte , il ponte stabilito per lo sbarco, e ad aspettarci ci sono altri militari dell’esercito che, stavolta a campione, controllano che, per dire, non abbiate mitra, esplosivi, bombe a mano e amenità affini nascoste nella custodia della macchina fotografica. Ovviamente noi siamo finiti nel gruppo degli eletti, circa una cinquantina di persone, a cui veniva aperto lo zaino o la borsa e veniva chiesto di passare sotto un metaldetector ma con una calma veramente indisponente, ma ovviamente zitti e mosca, vietato lamentarsi. La macchina fotografica di Luca è stata passata ai raggi X per ben tre volte, probabilmente prima hanno verificato che non facesse “tictac tictac”, poi che non contenesse armi chimiche, e poi non lo, so solo che io sono scesa dalla nave che avevo la carogna imbufalita sulla schiena. Sul nostro pullman siamo arrivati per ultimi, accolti dagli sguardi scocciati degli altri passeggeri, non c’è che dire, cominciamo proprio bene, ma come si è presentata la nostra guida, il malumore è magicamente svanito. Perché? perché quando ha preso il microfono per raccontarci il programma della nostra escursione, scopriamo con estrema gioia che parla esattamente come Adam Sandler in Zohan, film demenziale ma geniale, che se non lo avete visto, non capisco cosa aspettate a farlo, se invece siete come noi che ne conosciamo ogni singola battuta, se vi dico “vi faccio tutti i seta morbida”, non c’è bisogno di aggiungere altro: state già ridendo.
E finalmente si parte alla volta di Gerusalemme, lo ammetto sono molto emozionata, vedremo i luoghi della Passione, Morte, Resurrezione di Gesù Cristo, io non sono una praticante incallita, sono una peccatrice fatta e finita, ma sono cattolica e quindi per me è un momento importante. Prima tappa: il giardino del Getsemani, non vi racconto tutta la storia, tanto se avete frequentato il catechismo, o visto “Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli, o più recente, “The passion” di Mel Gibson, dovreste essere piuttosto informati sui fatti.
La prima vera forte emozione che mi ha fatto scendere le lacrime è stato quando, una volta entrati nella chiesa costruita di fianco al giardino, con l’altare appoggiato sulla roccia su cui Gesù fu arrestato, si stava dicendo Messa e quanto è giunto il momento del Padre Nostro, si è sentita una unica forte voce formata da una miriade di lingue diverse: inglese, francese, italiano, spagnolo, tedesco, arabo, ebraico e chissà quante altre, su invito del prete ci siamo presi tutti per mano, un momento di un’intensità indescrivibile e inspiegabile, sta di fatto che le lacrime non smettevano di scendere. Ormai c’ero dentro fino al collo. Attraversare il giardino del Getsemani, pieno di ulivi vecchi come il mondo, appoggiare la mia mano sulla pietra su cui si dice che Gesù si inginocchiò, arrendendosi alla volontà del Padre, mi ha ulteriormente messo alla prova, fortuna che poi è arrivato l’imbecille di turno, un tale che era sul nostro stesso pullman, il quale, prima si sincerava di essere sentito da quante più persone fosse possibile, e poi sparava scemenze a raffica. Valutate voi: lui alla moglie “mi hanno detto che qui vicino c’è un ristorante dove si mangia benissimo, ma non bisogna fidarsi del proprietario” la moglie allocca “a sì, e come si chiama?” lui, sghignazzando “da Giuda”. Fine.
Risaliamo sul pullman, io in estasi mistica, Luca che scatta foto a raffica, il panorama è bellissimo: Gerusalemme è tutta bianca, con il cielo azzurrissimo, interrotto solo da decine e decine di minareti, dedali di viuzze che si inerpicano e chissà dove portano, ovviamente ci è stato caldamente sconsigliato di lanciarsi da soli alla scoperta della città, ma noi non ci pensiamo neanche.
La seconda tappa, su cui non mi dilungherò molto, è la chiesa della Dormizione, qui si dice che la Vergine Maria si addormentò di un sonno eterno, e poi salì in cielo, e banalizzando: religione che hai, tomba di Maria che trovi, nel senso che non c’è un luogo certo che mette tutti d’accordo, su dove Lei sia stata sepolta, e quindi ogni religione la racconta un po’ a modo suo. Poco vicino il luogo dove avvenne l’ultima cena, ma c’era veramente un mare di gente, scolaresche in gita, una confusione indescrivibile, insomma le mie corde cattoliche non hanno vibrato. Ma qui c’è stata una perla, un aneddoto che val la pena ricordare: in una sinagoga adiacente alla Chiesa della Dormizione si trova la tomba di Re David, il profeta, ci dividiamo in due gruppi, uomini da una parte e donne dall’altra, entriamo tutte in fila indiana e una signora del nostro gruppo esordisce così “ma questo qui nella tomba è uno dei nostri? sennò io non lo fotografo”. La stessa signora avrà poi occasione di mettersi di nuovo in mostra successivamente, quando faremo la coda per visitare il Santo Sepolcro.
Nel pomeriggio, la nostra guida stravolge un po’ il programma della gita, così facendo riesce a farci vedere il Santo Sepolcro, che di fatto non era previsto nel programma in quanto spesso bisogna fare code interminabili, ma sacrificando un po’ di inutile shopping nei bazar, riusciamo a fare questa cosa straordinaria, io non sto più nella pelle dalla gioia, la signora di cui sopra è imbufalita come un toro perché lei VOLEVA fare shopping perché aveva promesso al figlio di comprargli un copriletto (ma perché, proprio un copriletto a Gerusalemme?chissà). Ci mettiamo in fila in, è proprio il caso di dirlo, religioso silenzio, interrotto solo dalle lamentele della signora che non voleva stare in coda, che faceva caldo, che c’era troppa gente, che a lei non interessava, che ha scassato tanto le palle che alla fine pure suo marito ha preso le distanze da lei e io credo di averle ringhiato contro qualcosa tipo se si rendeva conto di essere dentro al luogo sacro per eccellenza al mondo e non in coda per andare al cinema, e che comunque non mi risultava che ci avessero imbullonato i piedi al pavimento, che se proprio non le interessava poteva anche uscire, così almeno la smetteva di disturbare noi e tutti quelli che a differenza nostra che eravamo lì quasi per caso, erano lì in pellegrinaggio dopo aver fatto un viaggio lungo di sicuro non su una nave Costa. Poi Luca mi ha dato uno zuccherino, mi ha fatto una carezza sulla testa e così ho smesso di ringhiare e mi sono rimessa diligentemente in coda.
Circondata da gente che pregava, intonava canti sacri, e stringeva tra le mani crocifissi e rosari, mi sono trovata davanti al Sepolcro: un ingresso bassissimo in marmo ci introduce in questa stanzina piena di incensi e illuminata solo da candele, e poi la tomba di Gesù e nel momento esatto in cui stavo uscendo, il prete ortodosso addetto alla vigilanza della tomba, mi prende per un braccio e mi dice di non andarmene subito, ma di restare e pregare con lui. E giù di nuovo lacrime…
Le emozioni crescono mentre ci avviciniamo alla pietra dove venne deposto Cristo una volta che venne tirato giù dalla croce, crescono ancora mentre saliamo al luogo dove fu crocefisso (oddio, non immaginatevi il Golgota come nei film, ora c’è una Chiesa e del Golgota resta solo una pietra posta sotto un altare dentro ad una cappella), ma tanto basta a toccare corde profonde.
Per raggiungere il Muro del Pianto, percorriamo a ritroso una parte della Via Dolorosa, ossia la strada che ha percorso Gesù con la croce in spalla, esperienza molto toccante, perché, anche se i luoghi sacri visti fino a quel momento potevano essere in un certo senso messi lì ad arte, bhè le strade della  Gerusalemme antica mica le hanno rifatte, le pietre sono le stesse, i muri idem, quello che vediamo noi oggi è ciò che ha visto lui, la casa di Simone di Cirene che lo aiutò a portare la croce, il luogo dove Veronica asciugò il volto di Gesù, e dove cadde per la seconda volta. Momenti in cui la curiosità si mescola con la fede e l’atmosfera diventa veramente toccante, anche la signora che si lamentava per il mancato shopping ora è un tripudio di buoni sentimenti, poi però, a un certo punto si è infilata in un bazar e ne abbiamo perse le tracce nel sollievo generale.
Ultima tappa, il muro del pianto. Di nuovo ci dividono, uomini da una parte e donne dall’altra, io mi sono portata carta e penna, con Luca facciamo i nostri bigliettini da incastonare nel muro, e ci avviciniamo. Un momento di preghiera e poi nell’ardua impresa di incastrare il mio bigliettino ne faccio cadere un tir, ma Gesù vede e provvede e non si ferma certo davanti ad un errore di forma, no? A dir la verità mi son sentita un po’ fuori posto lì, mi sembrava di mancare di rispetto a quanti si recano al Muro per pregare anche intere ore in una specie di trans religiosa, un ragazza quasi sbatteva per terra, ma nessuno sembrava preoccuparsene, vai a capire…
E qui si conclude la nostra giornata a Gerusalemme, non immaginavo proprio che ci avrebbe lasciato addosso così tante emozioni, è stata un’esperienza forte e intensa, bella. Da provare, assolutamente.
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3 pensieri riguardo “Gerusalemme, città da veder con gli occhi e con il cuore

    1. Grazie, è stata un’esperienza veramente tosta….a priori non lo avrei mai immaginato, per apprezzarla appieno bisognerebbe starci decisamente di più, ma come assaggio va già più che bene. Avrei voluto scrivere di altri particolari, dei profumi delle spezie, dell’incrocio di molteplici popolazioni, dei contrasti fra sacro e profano, ma sono andata già molto lunga e quindi ho dovuto limitarmi.
      Un abbraccio, Manuela

    2. Gerusalemme è veramente magnifica, bisognerebbe starci molto più tempo per apprezzarla fino in fondo, ma come assaggio può già andar bene. Avrei voluto raccontare altre cose, altri dettagli, la varietà di etnie, i profumi e i colori, le botteghe dei bazar.
      È stata un’esperienza importante, a priori non lo avrei mai detto, e invece ne sono,rimasta profondamente colpita…
      Se avrai occasione in futuro, vacci. Credo,che sia un buon consiglio. 😁

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