Lo senti dietro di te, alle tue spalle, il sibilo della morte? E’ come un fischio ma più silenzioso, è un “ppppfffffffff” che arriva veloce e da lontano, devi essere scaltro a spostarti perché, se ti travolge, per te è finita.
Per fortuna riesci a scansarti, la morte per oggi non ti avrà: ti è solo passata di fianco e ti ha pure superato, ora la puoi vedere nitidamente dritta in faccia: ha le sembianze di una tranquilla signora di mezza età, con la piega fatta di fresco, ben vestita e dall’aspetto molto curato; si direbbe completamente innocua, se non fosse per quel dettaglio inquietante: è seduta su una bici elettrica. Anzi no, non è seduta, è appollaiata proprio sul sellino di una fiammante bici elettrica, con il busto leggermente inclinato indietro, rigida e insicura, ignara di quello che sta facendo, di dove sta andando e di come lo raggiungerà. Lei va, convinta di essere Laura Ingalls nel telefilm “La casa nella prateria”, quando Laura con il suo bel calessino trainato da un mite cavallo andava a zonzo per sconfinate praterie deserte, ma tu balorda di una svaporata sei su un lungo fiume largo neanche due metri e se non impari a usare i freni e il buonsenso ci ammazzi tutti.
Ma niente da fare, a loro è stata data licenza di uccidere, e saettano a destra e manca come attempate Bond girls. Stanno sedute senza nemmeno accennare una pedalata, la Louis Vuitton infilata nel cestino di vimini e il marito e i figli a casa che sperano che la modifica al motore da loro fatta, dia presto i suoi frutti, trasformando l’innocente bici elettrica con pedalata assistita, in una fenomenale macchina mortale che li vendicherà di anni di angherie sopportate a denti stretti. Ma il destino si sa, è beffardo, e la nostra ciclista elettrica, seminerà il panico dietro di lei, ma farà sempre ritorno a casa perfettamente intonsa e immacolata. Perché l’incoscienza premia. Non può essere altrimenti, perché non si spiega in nessun modo come, e con quale logica di buonsenso, si sia deciso di chiamare bicicletta, un mezzo che raggiunge anche i quaranta chilometri all’ora, dotato sì di pedali, che però, il più delle volte, vengono usati solo per appoggiarci i piedi. Di pedalare non se ne parla proprio, esattamente come di osservare le norme del Codice della Strada: incroci, segnaletica, semafori e precedenze, roba obsoleta di cui Laura Ingalls, le Bond girls e quindi, anche le svaporate di cui sopra, pare siano autorizzate a ignorarne l’esistenza. Se ti centrano, auguri, perché non è previsto nemmeno uno straccio di assicurazione per questi mezzi, e nemmeno l’uso di un banalissimo caschetto per proteggere, qualora ci siano, le buone idee e il loro contenitore. Niente di niente, una terra di nessuno che, ahinoi, sta facendo sempre nuovi abitanti. Troppo imbranate per guidare uno scooter vero e, soprattutto, lungi da voi l’idea di indossare un casco da moto, e pure troppo pigre per usare una bici vera, di quelle che se non pedali non ti muovi neanche di un centimetro, penso a che spasmo di piacere vi sia corso lungo la schiena quando avete scoperto il modo per ovviare tutti questi problemi in un colpo solo. Solo una cosa io vi chiedo: andate piano e abbiate la totale consapevolezza del mezzo che state guidando, dello spazio che occupate e del tempo che ci mettono i vostri non più prontissimi riflessi a reagire davanti ad un pericolo. Ma non dovete mica farlo per me, solo per voi. Perché come reciterebbe un moderno Lorenzo il Magnifico: “quanto è lieta giovinezza che poi passa tuttavia, se non stai attenta con quella bici finirai dritta in Ortopedia”.