Quando saremo vecchi

Quando saremo vecchi, ma vecchi veramente, vecchi che cammineremo curvi e mi sarò arresa all’inutilità della tinte per capelli, vecchi che i ricordi peseranno sulla bilancia molto più dei sogni futuri, cosa ci ricorderemo di questa casa?
Ci ricorderemo forse di quanto era lindo e lustro lo specchio del bagno? Di quanto era gratificante pulirlo col lo straccio e lo spray per i vetri? O sarà molto più vivo e bello il ricordo delle nostre facce riflesse in esso, al mattino, mentre tu ti fai la barba e io mi trucco per uscire, la radio accesa di sottofondo e la quiete intorno a noi? peserà di più una goccia d’acqua da levare immediatamente, o il tuo sorriso che riflesso mi si incastonava nel cuore come la più preziosa fra le gemme?
E del tappeto del soggiorno che vogliamo dire? La mia sfida quotidiana (quasi quotidiana, ok). Mi piaceva vederlo pulito e lucido nel suo algido color grigio perla, però poi a ben pensare era molto più bello quando ci mangiavamo sopra la pizza nel cartone,bevendo Coca Cola dalla lattina, guardando un bel film alla tv, e Tabata che si acciambellava vicino a noi, era il prato immaginario su cui ci siamo sdraiati, rilassati, addormentati, fatto l’amore, era la nostra isola, e sulle isole deserte non esistono gli aspirapolvere, bisogna accettarlo e farsene una ragione.
Non penso nemmeno che ci ricorderemo con un brivido l’invisibile splendore dei vetri di casa nostra. Anche perché forse, perfettamente puliti lo sono stati poche ore in una vita intera. Però Tiger, il nostro gattone che ci chiamava per aprire le finestra della cucina strusciandocisi sopra, sicuramente ce lo ricorderemo, così come ci ricorderemo il rumore della pioggia che batteva sui vetri e di come ci incantavamo a guardarla ipnotizzati. Per non parlare della lavastoviglie, e delle strategie perfezionate nel corso degli anni per lasciare all’altro l’ingrato compito di svuotarla: finti ritardi, corse al lavoro, immotivate e prolungatissime soste in bagno. Tazzine del caffè, coppe gelato, bicchieri e cucchiaini l’hanno fatta da padroni per anni, se vogliamo, la lavapiatti è stata la muta testimone di quanto siamo stati lussuriosi e gaudenti, quasi come la bilancia, che, della nostra golosità è stata il giudice implacabile ogni mattina per mesi, quando abbiamo capito che bisognava mettere un freno alla nostra gola.
Le mie scarpe sempre tra i piedi e te che ti lamenti, io che lì per lì le tolgo, ma il giorno dopo sono esattamente dove erano il giorno prima, così come la mia borsa, la mia giacca, i miei occhiali e le interminabili cacce al tesoro per trovarli, perché chissà come mai, all’improvviso spariscono dalla circolazione; io che vado in panico e tu che con calma ricostruisci i miei ultimi movimenti e li trovi.
Ti ho mai confessato quanto mi piaceva disegnare con il dito sul vetro del tavolo della sala da pranzo? un sole, un cuoricino, l’iniziale del tuo nome, poi superato il momento di dilagante romanticheria lo pulivo per bene; devo ammetterlo, non sono mai stata una perfetta donna di casa, se dovevo scegliere fra spolverare da cima a fondo casa o andare in giardino a giocare con Tabata, io non ho mai avuto dubbi, così come non mi sono mai sentita in colpa se un giorno, ma anche due, non ho passato la lucidatrice sul parquet.
Eppure casa nostra ha sempre accolto e abbracciato tutti, e tutti si sono sempre sentiti a loro agio. Casa nostra è sempre stata una casa sorridente, viva, allegra, pulita quel che basta, ordinata il giusto, senza paranoie e eccessi.
Non mi è mai passato per l’anticamera del cervello di tirare tardi la sera a lucidare i sanitari del bagno quando magari l’alternativa era stare appiccicata a te sotto il piumone a guardare la televisione o a dire stupidate senza senso ridendo come scemi, cosa credi: la vita è una sola e io sono felice di aver speso la mia a seminare in ogni angolo della nostra casa tracce del nostro amore e della nostra esistenza, come un quadro fatto da noi due a quattro mani, o un disegno fatto con i pennarelli su uno specchio, e non importa se quella che per me era una farfalla perfetta, per te non era niente di più che uno scarafaggio, perché i tuoi occhi brillavano mentre mi prendevi in giro sul fatto che io a disegnare sono proprio negata.
Sarà che sono sempre stata convinta di una cosa: le persone fissate con l’ordine e la pulizia secondo me nascondono più gravi e pericolosi disordini interiori, e allora hanno bisogno di dissimulare questa realtà rendendo l’ambiente che le circonda il più ordinato e asettico possibile. Se sia vero o falso non lo so, so che per me è sempre stato un alibi perfetto, e me ne sono sempre stata. Anzi, quando esponevo questa teoria ad altre persone, ero talmente convinta io da persuadere anche loro, forse perché a tutti piace da matti avere a disposizione una scusa perfetta per allontanare ancora un po’ l’antipatico dovere per fare spazio ad un gioioso piacere. E le persone che dicono che per loro pulire casa è fonte di gioia sono persone pericolose, bombe inesplose, potenziali serial killer: meglio evitarle, star loro alla larga, che non si sa mai cosa gli può frullare in testa.
Quindi, amore mio, quando saremo vecchi ma vecchi veramente, ricordiamoci di quanto era bella la nostra casa, ma con la consapevolezza che a renderla così bella eravamo noi, con la nostra felicità che diventava creatività, intuizione e fantasia, dentro questa casa i bambini che erano in noi non sono mai cresciuti,non glielo abbiamo permesso, e non hanno risentito degli anni che passavano uno dopo l’altro, dopo l’altro e un altro ancora. Questo sì che è stato un risultato portentoso.
E’ un’esperienza entusiasmante diventare adulta al tuo fianco, e mentre te lo dico faccio una nuvoletta di fiato contro il vetro e con un dito ci disegno dentro un sole.

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