Inutile tediarvi raccontandovi dei fiumi di ironia spesi sul fatto che per convincermi a correre, Luca mi ha dovuto portare nientemeno che fino a New York, giacché a tutte le proposte di partecipare a corse sul territorio italico, io ho sempre risposto con un gentile, ma secco e irreversibile: No grazie.
E invece eccomi qui, sveglia e arzilla alle sei e mezzo del mattino con il mio pettorale numero 10039.
Il punto di raccolta è nella hall dell’hotel alle sette e mezza di mattina, ad attenderci uno dei ragazzi Terramia, il tour operator specializzato in “turismo sportivo”. Ci presentiamo in perfetta tenuta da gara: maglia ufficiale della “dash to the finish line” ( è il nome della cors che stiamo per fare), scarpette da corsa, pantaloncini e K-way, perché, porcaccia la miseriaccia, viene giù che è un piacere, ma ormai siamo in ballo e ci tocca ballare.
A fare colpo è l’entusiasmo generale, sono tutti gasati che è una meraviglia, gente ha fatto della corsa un vero e proprio stile di vita, e poi ci sono io: l’imbucata alla festa che participerà a questa corsa con un livello di allenamento pressoché pari allo zero assoluto. Non ci posso fare niente se tutte (ma proprio tutte) le volte che stavo per andare a fare una corsetta di allenamento è sempre successo qualcosa per cui ho dovuto rimandare e, rimanda oggi, rimanda domani, eccoci qua, a pochi minuti dallo start.
Premetto che in tenuta sportiva io mi sento a mio agio come un camionista vestito da ballerina, però, devo riconoscere che, correre con davanti al naso il nostro tricolore è stato molto emozionante. Il percorso si snoda così: si parte dal Palazzo dell’ONU e si arriva a Central Park, e ovviamente continua a piovere. Sono contenta, e Luca lo sembra ancora più di me, intorno a noi tante facce sorridenti…vuoi vedere che questi maratoneti hanno trovato veramente l’elisir della felicità? Al microfono una donna bionda, di cui non sono riuscita a scoprire l’identità, ci da la carica con un discorso veramente commovente, e poi finalmente via, si parte.
Siamo in tanti e cominciamo a correre, ma cavoli questa pioggia da proprio fastidio ed è tutto pieno di pozzanghere, in pochi minuti ho i piedi freddi e zuppi, sto per cominciare a lamentarmi quando il mio sguardo viene catturato da una signora molto in là con gli anni che corre con un bastone e ha una scritta sulla gamba: “cancer sucks”…e io mi lamento perché ho i piedi freddi? Punta sul vivo, Comincio a correre, veloce come un siluro, corro, corro, e corro senza mai fermarmi e quando taglio il traguardo (lo stesso che taglieranno domani i Maratoneti, quelli veri) l’emozione è veramente grande.
Lo so che è una corsa piccola piccola, ma per me è stato comunque significativo e con orgoglio mi avvento sul sacchetto ristoro che ci hanno dato a fine corsa: Dio mio, questa mela è la mela più buona del mondo!
Torniamo in hotel sorridendo come bambini e sgranocchiando snack: stiamo bene. Sto bene.
L’unica cosa che non capisco è cosa diavolo hanno da guardare le tre cinesi in ascensore con me…quando arrivo al mio piano e esco dall’ascensore, le sento che si fanno una grossa risata alle mie spalle. L’istinto è quello di tornare indietro, bloccare l’ascensore e dirgliene quattro, ma poi lascio perdere, è stata una mattinata fantastica, che mi frega delle cinesi ridanciane.
Poi entro in camera e la mia immagine riflessa nello specchio dell’anticamera mi fa capire il perché di tanta ilarità: il K-way arancione mi fa assomigliare ad una enorme zucca, e il mio berrettino da corsa ormai fradicio sembra proprio un preservativo male indossato: mio Dio sono ridicolissima.
La domanda che mi tormenterà per il resto della giornata è “come è mai possibile che Luca vestito da corsa è fighissimo, mentre io sembro la sorella pazza di Sbirulino?”
Non affrettatevi a rispondere….non la voglio conoscere la risposta…
Grande! Quando correremo insieme?????
Ma io sono un bradipo….la vera sfida è vincere la mia pigrizia atavica, superato quella, poi vado. Chissà, magari in futuro ci sarà occasione per una corsa insieme, nel frattempo però, io devo mettermi in testa di allenarmi sul serio, senza inventare scuse.
Un abbraccio, Manu