“Sono fuori dal tunnel, di questo gran sbattimento, sono fuori dal tunnel del messaggiamento!”
Dopo anni di dipendenza da chat, chattine, gruppi e gruppetti WhatsApp, sono ufficialmente guarita: Magda non ha più nessuna chat attiva. Come quando si smette di fumare, prima di cominciare a godere dei benefici bisogna fare i conti con gli strascichi della dipendenza; subito ci si sente abbandonati da tutti, come se tutti gli amici fossero evaporati improvvisamente e nessuno volesse più comunicare con te. Il telefono improvvisamente muto ha un’aria triste e dimessa, ma poi….
…ma poi…come è bello chiacchierare con le persone senza venire costantemente distratta dal “tin tin” di avviso che è arrivato un messaggio. Il primo “tin tin” è come la prima goccia di pioggia sul davanzale: ti avvisa che sta per arrivare un acquazzone, infatti dopo dieci minuti hai esattamente “85 messaggi non letti” e nonostante il corso di lettura veloce superato più che brillantemente, tenere il filo di una conversazione sconclusionata dove ogni partecipante porta avanti il suo discorso senza capire chi gli sta rispondendo, in che termini e perché, non è affatto facile.
Apparecchi tavola per la cena: te, tuo marito e il telefono, a destra di fianco al tovagliolo, e siccome ti senti una stronza (perché lo sei), ostenti un interesse smodato per quello che ti sta dicendo tuo marito, ma in realtà l’acqua che vibra nel bicchiere, perché il cellulare vibra appoggiato sul tavolo, ti distrae prepotentemente, piovono messaggi, chissà cosa è accaduto, mamma che curiosità, e così appena lui abbassa lo sguardo per infiocinare la bistecca, furtivamente butti l’occhio, salvo poi trasalire con esagerato spavento quando lui ti chiede per la terza volta (delle prime due non te ne sei nemmeno accorta) la tua opinione circa quello di cui stavate parlando, e ti senti esattamente come quando a scuola la professoressa stronza interrogava a sorpresa e tu eri completamente impreparata e priva di giustificazioni, in una parola: spacciata.
Guardare un film per intero è diventato impossibile, sul divano te, lui (il telefono) e il terzo incomodo: tuo marito. Già perché stasera c’è quella serie su Sky, sì sì, proprio quella, quella che guardano tutti, e così ad ogni scena clou, partono in real time i commenti, quindi con un occhio guardi il telefono, con l’altro occhio segui le immagini, ridi sotto i baffi per i fatti tuoi, e lui che non capisce niente di quello che accade in quell’universo parallelo di quel gruppo WhatsApp, si sente più solo di un cane abbandonato in autostrada a Ferragosto e, se solo alzassi lo sguardo da quel telefono, ti accorgeresti che ha anche lo stesso sguardo.
“Ma è così divertente fare parte di una chat, siamo tutte amiche, ci vogliamo un casino di bene, condividiamo tutti i nostri pensieri e problemi, organizziamo un sacco di cose, e soprattutto…non abbiamo segreti. Siamo trasparenti come l’acqua fra di noi…certo, abbiamo fatto solo un gruppettino parallelo dove abbiamo escluso Tizia, Caia, Sempronea e Cornelia e loro non lo sanno, ma solo perché non le volevamo tediare con i nostri mille messaggi, sai loro hanno i mariti che si scazzano”. Da qui il postulato numero uno dei gruppi WhatsApp “da ogni gruppo universalmente noto, ne possono nascere N i cui partecipanti escludono uno o più membri del gruppo di origine”.
Ma facciamo un esempio:
Gruppo principale “come stai bene Cornelia, con quel nuovo taglio di capelli, sei fichissima. Sei troppo Wow”.
Gruppo parallelo di cui Cornelia NON è una partecipante “O belle, ma avete visto Cornelia? come cavolo si è fatta i capelli, roba da chiedere i danni alla sua parrucchiera”
Le dinamiche mi sembrano chiare, o devo portare altri esempi? no perché ne ho a bizzeffe. Delle più clamorose ho fatto qualche screen-shot, nel caso in cui dovessi un giorno difendermi in un’aula di tribunale, avrei così le prove inconfutabili che dimostrerebbero la mia, se non proprio innocenza, quantomeno estraneità ai fatti.
Ma dei benefici della mia ritrovata libertà, si parlava… Eccone un altro: la batteria del mio telefono dura un sacco, pensare che prima dovevo uscire con la riserva i carica, ora è guarito, arriva fino a sera senza battere ciglio. Idem per la mia linea dati: i Giga che prima non bastavano mai, ora avanzano pure. Sguazzo in un mare di Giga: il naufragar m’è dolce in questi Giga.
Ho esattamente gli stessi amici che avevo prima, e un consapevolezza nuova: non è l’appartenenza ad una chat a sancire un’amicizia, cioè, voglio dire, Tom Cruise era mica best friend con tutti gli appartenenti a Scientology anzi, il contrario, quelli quando decidi di uscire se potessero, ti sparerebbero alle caviglie, oppure lo fanno veramente, ma nessuno sa come stanno realmente le cose…ma non è il nostro caso. Quindi andiamo avanti.
Comunque un certo parallelismo c’è: se decidi di uscire da una chat, dimenticati pure di poterci rientrare, un giorno. La lettera scarlatta “D” di dissidente, verrà cucita sul tuo profilo dall’admin della chat, e addio giorni di gloria, di quando tutti buttavano faccine allegre quando tu scrivevi qualcosa, che neanche al carnevale di Rio; ma si sa, la fama è effimera, e spesso diventa il prezzo da pagare per la libertà. La reazione di espulsione del corpo estraneo è innescata:
Fase 1. Le più coraggiose e oneste ti scrivono in privato per sapere perché lo hai fatto.
Fase 2. Le appartenenti alla chat, che prima popolavano la tua pagina Facebook con like, commenti e condivisioni di vario genere, piano piano con fare indifferente prendono le distanze, e vanno in dissolvenza, come i finali delle canzoni negli anni ’80. Rimangono solo le esponenti di cui abbiamo parlato al punto “Fase 1”
Fase 3. La guerra fredda, ossia dopo aver preso le distanze dalla pagina Facebook della “D” (dissidente), cominciano a condividere sulle loro pagine link sull’amicizia, sul legame che le terrà unite per sempre, su “il destino mi ha fatto incontrare voi, e io non vi abbandonerò mai più”. Si arriva a disturbare personaggi del calibro di Buddha, Freud, gettonatissima E. Dickinson e tutti i poeti maledetti francesi, da Baudelaire a Mallarmé, fino ad arrivare a nomi più caserecci e a breve scadenza, come Fabio Volo e Federico Moccia.
Fase 4. L’oblio e la liberazione. Un bel sospiro di sollievo e si ricomincia a vivere.
Si ritorna a comportarsi da adulti normodotati in buona sostanza.